Il salvadanaio ghiottone

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LEI

Fin da quando ero bambina c’è nella mia vita un oggetto: il salvadanaio. La mia famiglia non ha fatto mancare mai nulla né a me né a mia sorella però i sacrifici ci hanno insegnato il valore del risparmio e il concetto che i soldi non crescono nei prati. Il ricordo più vecchio che ho del nostro primo salvadanaio è quello di una scatola blu di biscotti danesi che mio padre inchiodava e saldava per poi creare la fessura in cui infilare i soldini che a Natale sarebbero stati divisi tra le figlie. Da allora anch’io ne ho sempre avuto uno. Rigorosamente non apribile, di quelli che devi rompere per forza col martello e dal quale non si “preleva” mai anche se non hai fatto il bancomat o ti mancano le monete. Lì sono finite le mancette, i regali di compleanno o di altre occasioni… prima in Lire poi in Euro. È infatti un oggetto così storico da aver visto cambi di effigi monetarie e valute. Questa presenza – per me assolutamente normale – l’ho condivisa anche con Andrea. Essendo io l’esperta, le regole indiscutibili (ça va sans dire) le ho imposte io. Deve essere di terracotta, rotto ogni due anni e il minimo sindacale da infilarci è 1 Euro… che non sia uno svuotatasche. Andrea non ha capito bene il diktat e partecipa un poco, se non dietro espressa richiesta (leggete pure minaccia) sull’importanza del suo contributo. Tutte le volte che si arriva ad aprirlo ci trovo dentro dei centesimi e solo lui può averli messi visto che il gatto non possiede un patrimonio monetario. Imparerà? Lo spero!

arifer.77@libero.it

LUI

È arrivato stamattina e Arianna me lo mostra con aria fiera. È un salvadanaio di terracotta verde con strisce gialle, ovviamente made in China. Ha anche l’aspetto allegro ma non mi lascio intenerire perché so già che mi fregherà. Andrà così: vorrà soldi, i miei soldi, e poco mi conforta sapere che un giorno li renderà, per adesso se li prende e basta. Io non l’avevo quando ero bambino: figlio di un integerrimo funzionario di banca, sapevo fare i miei conticini senza un maialino subdolamente sorridente appostato accanto al mio letto. Non l’ho mai avuto fino a quando mi sono sposato ed è arrivato a mo’ di beffarda dote non richiesta e mia moglie pretende che ci metta del mio. Non se n’è più andato: non si fa a tempo a romperlo che subito un altro si ripresenta, quasi come se provenisse dall’interminabile scorta dell’Esercito di Terracotta. Se passo inosservato, gli faccio una linguaccia e tiro dritto con soddisfazione; se invece Arianna mi vede, recito la parte del marito devoto e provo a mettere 1 o 2 centesimi (facile che mi becchi e che mi sgridi ma almeno ci provo), altrimenti mi tocca estrarre cartamoneta e mi aspetto pure che le prossime versioni accettino anche il Pos. Lui prende soltanto, non c’è modo di riavere indietro quanto introdotto se non a colpi di martello ma così Arianna se ne accorgerebbe subito e la fessura è troppo stretta per una pinza. Mi consolo con Bravogatto, che se ne sta alla larga e non si fa lusingare dal suo aspetto pacioso: lui si che capisce. andrea.rovati.broni@gmail.com

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