A. vuole stare al gioco

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Di Davide Bianchi

Oggi mettendo ordine tra le mie cose, ho trovato casualmente fra alcune carte un vecchio ritaglio di A., precisamente un gattino di carta. Vi avevo già scritto di questa bambina albanese in un precedente pezzo. Era quella che prediligeva intrattenere con me un dialogo laconico, ma pregno di senso attraverso ritagli di carta di cui mi omaggiava durante l’intervallo. Bene, a distanza di mesi questa interlocuzione si è evoluta e ora la timida bambina dai capelli lunghi che raramente ti guardava negli occhi, sembra aver letteralmente fatto suo quel ruolo per il quale era stata, per così dire, “predestinata”. Sì, perché questa bambina mi era stata “segnalata” l’anno precedente da una mia alunna di quinta, anch’essa albanese, una delle protagoniste indiscusse del ciclo passato, dotata di impressionanti abilità nella lingua inglese; insomma, un punto fermo. «Maestro, non si preoccupi. L’anno prossimo si iscriverà nella sua classe A. che è una mia amica, è bravissima. Si fidi di me» – mi diceva, rincuorandomi, qualche settimana prima del triste congedo dopo cinque anni di lavoro insieme. Ora, non che non mi fidassi di questa giovane talent scout, tuttavia il disincanto e il cinismo a tratti tipici dell’adulto, mi portavano giustamente a dubitare dell’opinione di un’undicenne in merito alle presunte capacità di una bimbetta di 5. Per come stanno le cose, a distanza di mesi, possiamo dire che la ragazzina ci aveva visto lungo. A. sembra aver compreso alla perfezione i delicati meccanismi che regolano il complicato sistema didattico in lingua inglese congegnato quest’anno, dimostrando, malgrado il suo carattere introverso e riservato, una naturale e quasi spregiudicata vocazione a comunicare proprio in quella lingua. Dai ritagli cartacei, A. è passata a comunicare attraverso proposizioni in inglese, è stata una delle prime ad articolare vocaboli in frasi e posizionarli correttamente all’interno dell’enunciato. Lei con me vuole parlare quella lingua, a tutti i costi; e quando lo fa, avviene in lei una vera metamorfosi perché in inglese il tono della sua voce diviene più vibrante e sicuro, alza improvvisamente il capo cercando il contatto visivo, assume addirittura una postura diversa leggermente inclinata nel tentativo di captare il suono di quella nuova parola che potrebbe tornarle utile. A. sperimenta combinando tra loro i pezzi di un puzzle infinito, e io lo so che non lo fa solo per compiacermi, ma perché ha capito che è un gioco complesso, un gioco bellissimo.

biadav@libero.it

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