Vola, colomba

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Nonostante i tentativi di essere positivi e gioire di ciò che, oggi più che mai, è il bene più prezioso, la salute, i giorni immediatamente precedenti la Pasqua sono stati particolarmente difficili: siamo stati sradicati da abitudini e riti insiti in noi da che siamo venuti al mondo. Anche i ragazzi si sono dovuti malinconicamente adattare a queste tristi contingenze: «…ma quindi niente Sepolcri?

Niente lavanda dei piedi? No, io non voglio vedere il Papa in televisione che celebra da solo, mi mette troppa tristezza!» e via di musi lunghi, incrementati dalla mancanza anche dei riti laici legati alla Pasqua: la veglia della scuola e la spesa collettiva per la scampagnata con gli amici. Tra le nebulose umorali si apre però uno spiraglio di sole: «Guarda cos’ho trovato su un blog di cucina: la ricetta della colomba! C’è scritto “molto difficile”, ma, intanto, non abbiamo niente di importante da fare… dai, proviamo! È l’occasione per mettere in funzione la planetaria: è un anno che è nello scatolone!». Mi accosto con notevole perplessità alla ricetta, sia perché confido ben poco nelle mie esigue capacità pasticcere, sia perché temo che un insuccesso, assai probabile, faccia precipitare la ragazza in un groviglio di pessimismo dal quale sarà molto arduo farla uscire.

Vengo repentinamente spedita al supermercato per procacciare tutti gli ingredienti necessari: qui combatto all’ultimo sangue per accaparrarmi 1 kg di farina manitoba e lievito per dolci, a quanto pare nuovi oggetto del desiderio. Su specifica richiesta della parte maschile della famiglia, che nutre giustificati timori di restare a bocca asciutta, compro anche una colomba…

Ci mettiamo all’opera: a me viene (potevano esserci dubbi?) affidata la parte “sporca” del lavoro: «Tu impasta, io ti doso gli ingredienti e ti leggo passo a passo la ricetta. Non sei contenta? Non devi inforcare continuamente gli occhiali – tanto poi li perdi sempre – e fai anche ginnastica per le ali di pipistrello sotto le braccia!».

Passo dopo passo, seguendo pedissequamente le indicazioni e sorvegliando la lievitazione in quattro fasi dell’impasto, con un’apprensione simile a quella che provavo quando la neonata doveva fare il ruttino dopo la poppata, dopo due giorni di lavoro a fasi alterne, culminate con il lamellare le mandorle manualmente, ecco finalmente la deposizione del volatile nello stampo, pronto per la cottura. La ragazza non si allontana dal forno, per scongiurare un eventuale  impedimento finale che risulterebbe deleterio.

Tutto fila nel migliore dei modi e la colomba viene impiattata proprio un attimo prima della benedizione “Urbi et Orbi”: «Hai sentito? Il Papa ha detto “buon pranzo”: è ora di far volare la colomba!».

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