Una scuola per la vita

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Di Silvia Malaspina

Caro il mio Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione e del Merito, il 28 aprile hai emanato una circolare che sta scatenando un acceso dibattito. Nelle intenzioni il provvedimento punta a rafforzare la collaborazione tra scuola e famiglie e a responsabilizzare gli studenti. In particolare, caro ministro, hai ribadito la necessità che la programmazione delle verifiche e l’assegnazione dei compiti avvengano in modo coordinato. Hai inoltre raccomandato di evitare la concentrazione di pro- ve di studio nella stessa giornata, al fine di garantire una distribuzione equilibrata del carico di lavoro durante la settimana, prevenendo situazioni di stress per gli alunni. Anche se la circolare dichiara di voler creare un ambiente sereno per lo sviluppo armonico della personalità degli studenti, hai dato fuoco alle polveri, riportando agli onori delle cronache e dei forum sui social l’annoso dibattito dei compiti a casa. In questo contesto si è visto predominare il dualismo: la circolare è stata accolta con favore dalle associazioni dei genitori come il Moige, che la considera fondamentale per il benessere degli alunni, mentre hanno ripreso vigore gli “estremisti”, che inneggiano al miracolo e caldeggiano una riforma radicale della scuola, nella quale vengano minimizzati, se non eliminati i compiti a casa. Più fiochi, invece, i commenti di chi vede minacciata l’autonomia degli insegnati e rimpiange i tempi in cui i compiti a casa “non hanno mai ucciso nessuno”. Che dire, caro Ministro? Leggo sul tuo profilo che siamo della stessa generazione, perciò suppongo che anche tu abbia frequentato la scuola nei tempi in cui le interrogazioni programmate non erano contemplate: se l’insegnante era di buon umore e si verificava una rara congiuntura astrale favorevole, potevamo al massimo aspirare all’immolazione sulla cattedra di qualche volontario. Le verifiche scritte erano calendarizzate ma, penso sia capitato anche a te, eravamo tenuti ad avere sempre a disposizione fogli protocollo, per le frequenti in- cursioni di prove a sorpresa, mentre la mole dei compiti a casa non era sindacabile, nemmeno dal ministro. Non voglio essere una patetica nostalgica, ma parrebbe che nessuno di noi ne abbia riportato traumi permanenti e temo che voler spianare la strada agli studenti non sia un atto educativo e formativo. Non credi che la scuola dovrebbe, oltre che fornire una solida preparazione culturale, formare i ragazzi anche alla vita che li attende? Se offriremo loro solo percorsi facilitati, come potranno affrontare le difficoltà e i meandri che ineluttabilmente incontreranno sul proprio cammino?

silviamalaspina [at] libero.it

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