«Un cammino verso l’unità fondato sulla speranza»

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Dal 18 al 25 gennaio celebriamo la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Ne parliamo con don Roberto Lovazzano, incaricato diocesano per l’Ecumenismo e il dialogo interreligioso

TORTONA – Dal 18 al 25 gennaio si celebra la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. La nostra Diocesi ha predisposto un calendario di celebrazioni che si apriranno sabato 18 gennaio nella chiesa del Loreto e si concluderanno sabato 25 in cattedrale con il vescovo.

Alla vigilia della Settimana, abbiamo incontrato don Roberto Lovazzano, parroco del Sacro Cuore a Tortona e incaricato diocesano per l’Ecumenismo e il dialogo interreligioso.

Don Roberto ci accoglie nella “sua” chiesa parrocchiale, una «chiesa moderna – ci dice – che ho arricchito con tante icone», a testimonianza della «mia passione per l’ecumenismo e per i fratelli ortodossi».

Cominciamo da qui, don Roberto. Da quando è nato il suo interesse per il tema dell’ecumenismo?

«Il mio interesse per il movimento ecumenico e in particolare per la Chiesa ortodossa risale addirittura agli anni dell’adolescenza. Poi in seminario, grazie anche alla lettura della rivista “Oriente in cammino”, ho iniziato ad approfondire il tema e da prete ho continuato a coltivare il tema dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso. Che non sono la stessa cosa: ecumenismo è il rapporto tra le religioni cristiane, mentre il dialogo interreligioso riguarda il rapporto tra i cristiani e le altre confessioni che non sono di matrice cristiana».

In breve cos’è la Settimana di preghiera per l’unità e dove affonda le sue radici?

«Dobbiamo andare al Concilio Vaticano II che ha aperto le porte della Chiesa cattolica al movimento ecumenico che fino ad allora rimaneva un fatto prettamente protestante. Il Concilio, grazie soprattutto a Papa Giovanni XXIII, ha dato impulso a un processo di apertura. Fino al 1995 quando Giovanni Paolo II, nell’enciclica “Ut unum sint” definisce l’unità di tutti i cristiani “una scelta irreversibile”, perché corrisponde alla volontà di Cristo».

Dal suo punto di vista a che punto siamo nella costruzione di un autentico cammino di unità?

«Prevale la speranza. Ci è data soprattutto dalle parole e dai gesti di Papa Francesco che ha più volte ribadito alcuni concetti importanti: gli ortodossi hanno veri sacramenti (sacerdozio ed eucarestia); va conservato e sostenuto tutto il patrimonio delle Chiese ortodosse (tradizione liturgica e disciplina canonica); per il Papa il ristabilimento della piena unità non significa né sottomissione reciproca né assorbimento, ma piuttosto accoglienza dei doni che Dio ha dato a ciascuno, nella consapevolezza che la Chiesa è anzitutto sinodalità e comunione. Certo, secoli di divisioni e di diffidenza non si cancellano facilmente e il cammino ecumenico incontra ancora contraddizioni, ripensamenti. Ma il cammino ecumenico è prima di tutto speranza, perché fondato su Gesù Cristo e questo ci dà grande coraggio. In diocesi c’è una presenza significativa di ortodossi; a Tortona, a Stradella e a Voghera hanno a disposizione una chiesa in cui celebrare. I rapporti sono davvero cordiali. I protestanti sono un po’ più frammentati, ma anche con loro il dialogo è buono e si collabora soprattutto nel sociale e nella carità e in iniziative come i “corridoi umanitari”».

Veniamo al tema della Settimana di quest’anno: “Ci trattarono con gentilezza”. Questo titolo rimanda agli Atti degli Apostoli, alla vicenda dell’apostolo Paolo, imbarcato come prigioniero sul-la nave che l’avrebbe condotto davanti a Cesare e che farà naufragio nel mare di Malta.

«Esattamente. È una storia di divina provvidenza e di umana accoglienza, riportata alla fine degli Atti degli Apostoli, che ci viene proposta come spunto di riflessione proprio dalle Chiese cristiane di Malta e Gozo che hanno predisposto i sussidi per la Settimana. Tutti i passeggeri hanno salva la vita e la fede cristiana raggiunge Malta attraverso Paolo che vi compirà numerose guarigioni. Una storia di umana accoglienza: i maltesi trattarono “con gentilezza” i naufraghi, li aiutarono, si fecero prossimo. È una vicenda da cui trarre forza anche per il cammino ecumenico per il quale abbandonarsi alla divina provvidenza esige la necessità di rinunciare al superfluo, a molte cose cui siamo profondamente attaccati, al proprio egoismo, pur di arrivare a ciò che sta a cuore a Dio».

Il programma della Settimana in diocesi è ricco, i nostri lettori lo trovano nel box in questa pagina. La Settimana coinvolgerà tutte le Parrocchie della città e sarà chiusa dal vescovo in cattedrale. Con un’appendice dalle ore 20.30 di sabato 25 gennaio con la lettura continuata del Vangelo di Matteo per la Domenica della Parola di Dio voluta da Papa Francesco. Perché questa scelta don Roberto?

«Perché è la Parola di Dio che ci accomuna tutti, la Bibbia. È la Parola il fulcro dell’unità».

Come può un semplice fedele cattolico assumersi la propria responsabilità ecumenica?

«Prima di tutto la preghiera. E poi la conoscenza, la fratellanza, il rispetto reciproco e l’amicizia. Dobbiamo imparare a volerci bene reciprocamente. Solo così il nostro cammino ecumenico potrà essere autentico».

Marco Rezzani

(Nella foto: Don Roberto Lovazzano con il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I)

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