L’Hospitale in cui sarebbe stato accolto anche San Contardo

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Giubileo 2025. Nella nostra ricostruzione a puntate dei cammini percorsi dai pellegrini medievali in direzione Roma o Santiago de Compostela non poteva mancare la tappa di Broni. Dove aleggia il “mistero” di Palmerio e Simplicio

Il borgo di Broni, che fino al 1817 appartenne alla Diocesi di Piacenza, costituiva un’importante tappa nel pellegrinaggio medievale sia in direzione di Roma sia di Santiago de Compostela. Emblematica al riguardo è la figura e la vicenda di San Contardo d’Este, il pellegrino che assurse a patrono di Broni. Nei secoli XIV e XV è documentata la presenza dell’Hospitale di San Biagio alle porte del borgo, in direzione Piacenza sulla sponda del “rivo Ferrario”, oggi meglio conosciuto come “Rio Frate”; aveva la disponibilità di tre letti per i pellegrini infermi, una chiesa e un cimitero dei pellegrini. Era di patronato della nobile famiglia Gabbi, feudataria del sito strategico fortificato di Montù de Gabbi (oggi Montuè, località tra Broni e Canneto Pavese), posta proprio alla sommità della valletta scavata dalle acque del Rio Frate, che costituì per secoli l’unica via d’accesso alle alture del Bronese. Un documento del 13 marzo 1331 testimonia l’investitura di Bernardo de Gabiis a “rettore e ministro dell’Ospedale di San Biagio di Broni, diocesi piacentina”. L’Hospitale passò alle dipendenze della Collegiata di San Giovanni in Borgo di Pavia quando ai Gabbi succedettero i Beccaria nel controllo dei feudi oltrepadani. Nei secoli successivi l’Hospitale si sviluppò fino a diventare il nucleo originario del moderno nosocomio Arnaboldi.

Dove trovò accoglienza San Contardo?

L’antica cronaca bronese dell’arciprete Pietro de Crosnis, datata 1376, narra che Contardo, giunto a Broni e salito coi suoi compagni di viaggio sull’altura che da lui prese il nome, rimase colpito dalla bellezza del luogo e dall’amenità dei colli oltrepadani; chiese pertanto nella preghiera che, se era volontà di Dio che morisse lungo il pellegrinaggio, quello fosse il luogo della sua sepoltura. Cadde immediatamente malato e, trasportato in paese, chiese ai compagni di proseguire il pellegrinaggio senza di lui. A motivo della malattia venne relegato in un tugurio dove morì in assoluto anonimato. Fin qui il testo del Crosnis, dal chiaro sapore agiografico ma pur sempre il fondamentale punto di partenza per recuperare il nucleo storico della vicenda del santo ferrarese. Sembrerebbe che Contardo non abbia avuto accoglienza nell’Hospitale di San Biagio oppure che nemmeno ci fosse in Broni un luogo simile nel 1249. Pier Bartolomeo Pedrazzi, invece, nel primo volume della sua appassionata storia di Broni, edita nel 2003, ricostruisce con una puntuale esegesi del manoscritto De Crosnis singolari elementi storici, testimoni dell’accoglienza di San Contardo proprio nell’Hospitale di San Biagio e della sua successiva sepoltura nel limitrofo cimitero dei pellegrini, prima di essere traslato nella chiesa parrocchiale.

Il mistero di San Palmerio e di San Simplicio

Aldo Settìa, uno dei maggiori medievalisti italiani contemporanei, riporta la notizia della morte in Broni nel 1233 e del successivo culto di un pellegrino chiamato Palmerio. Siamo una quindicina d’anni prima della morte di San Contardo. La notizia è avvallata da alcuni storici e trova un fondamentale testimone documentario nel “Catalogus Sanctorum Italiae” composto nel 1613 dal Servita alessandrino Padre Filippo Ferrari. Si tratta di un’opera monumentale, in cui l’autore cataloga tutti i santi presenti sul territorio italiano, compresi quelli non inseriti nel Martirologio Romano. Al giorno 16 di aprile, dopo aver riportato la festa di San Contardo d’Este, il religioso riporta il testo di una lapide posta “in limine parochialis ecclesiae”, cioè sulla soglia della Collegiata di Broni, andata poi perduta nei restauri ottocenteschi della chiesa. In essa, in latino, vi era scritto: “viandante ferma il passo e venera il corpo glorioso di San Contardo d’Este, contenuto nell’arca che arricchisce coi suoi ornamenti dorati la parte destra di questo tempio mentre nella parte sinistra dello stesso il corpo del beatissimo Palmerio è chiuso in un’urna marmorea. Ai suoi piedi effondi una preghiera affinché il viaggio sia sempre felice e fortunato”. Interessante il fatto che la lapide si rivolga ai pellegrini e inviti alla preghiera per il viaggio; segno di un importante flusso di pellegrinaggio che coinvolgeva il centro di Broni. Restano però alcuni importanti interrogativi: chi era il “beatissimo Palmerio” e che fine fece il suo corpo? Alla prima domanda abbiamo alcune risposte, alla seconda tutto ancora è da scoprire. Va specificato che “Palmerio” più che un nome proprio è l’appellativo del pellegrino connotato dal viaggio in Terrasanta, che a volte si aggiunge al nome stesso del santo come nel caso di Raimondo Zanfogni (1139-1200), il santo pellegrino di Piacenza più noto come San Raimondo Palmerio. Alcuni storici avevano ipotizzato potesse trattarsi di Palmerio, prevosto di Santa Croce in Mortara che nel 1221 Papa Onorio III nominò abate di San Pietro in ciel d’Oro a Pavia, affidando ai canonici di Mortara il monastero pavese in un momento di grave crisi e decadenza. Questa individuazione era supportata dal fatto che Padre Ferrari sostiene di aver visto San Palmerio “rivestito di abiti pontificali” e lo indica come vescovo, anche se non è in grado di specificare quale fosse stata la sua sede. Tuttavia è assodato come il Palmerio pavese fosse ancora in vita attorno al 1440 quindi è da escludere che si possa trattare del santo venerato a Broni, di fronte a San Contardo… Per complicare il quadro della santità bronese, sempre nell’opera di Padre Ferrari al giorno 22 giugno troviamo la memoria “De S. Simplicio Svbdiacono Bronis”. L’autore, suffragato da un’antica iscrizione marmorea che egli vide nella parrocchia di Broni, afferma che vi è sepolto anche il suddiacono San Simplicio. La lapide attesta che morì a 25 anni, 10 mesi e 11 giorni il 22 di giugno, senza precisare l’anno del decesso e recita solennemente: “hic requiescit S. Simplicivs svbdiaconvs”. Anche di questo antico santo si sono perdute le tracce.

Nella foto: Ruderi di Montù de Gabbi oggi Montuè

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