L’ex Acerbi rischia di chiudere

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L’azienda castelnovese del gruppo Menci è in una situazione di grave incertezza

CASTELNUOVO SCRIVIA -Resta a rischio il futuro occupazionale della Menci (ex Acerbi). Do-po aver ricevuto comunicazione che l’azienda non ha trovato soluzioni alternative, quale un’eventuale collocazione logistica e che resta la volontà di chiudere il sito castelnovese, venerdì scorso i lavoratori si sono riuniti in assemblea davanti alla fabbrica, proclamando due ore di sciopero e annunciando – tramite i rappresentanti sindacali – di essere pronti al dialogo, ma anche disposti a occupare lo stabilimento per difendere il posto. A oggi sono 43 i dipendenti (dopo che 5 si sono licenzia- ti). La Menci ha acquistato nel 2019 la Acerbi Industrials Vehicles – che produce cisterne per il trasporto di carburante e gpl – compreso il marchio, ma, come hanno sottolineato il segretario provinciale Cgil Fiom, Maurizio Cantello, il funzionario provinciale Uil Uilm, Antonio Bordon e i rappresentanti della rsu aziendale Franco Balduzzi, Stefano Casasco e Maurizio Pitzalis, è ipotizzabile un percorso di rivendicazioni da attuare in base all’esito del confronto con i responsabili dell’azienda nella riunione prevista per il 21 giugno alla presenza di Confindustria Arezzo. «Credo che il gruppo Menci, oltre a distribuire colpe e responsabilità a tutti, fuorchè a sé stesso, debba chiarire alcune cose partendo dal contratto d’affitto sottoscritto con la cessione del ramo d’azienda da parte della famiglia Acerbi che era di 6 anni più 6. – puntualizza il sindaco Gianni Tagliani – L’accordo era quello di un canone concordato e calmierato per favorire l’operazione di acquisizione con il successivo aggiornamento allo scadere del terzo anno. Ovvero quando Acerbi, proprietario dell’area, propose l’adeguamento del capannone su una richiesta di circa 7 mila metri quadrati. E la riformulazione del canone da concordarsi tra le parti. Menci avera risposto di fermarsi. E a quel punto chiede che la risoluzione del contratto d’affitto sia consensuale e senza strascichi sottoscrivendo, circa un anno fa e senza che nessuno fosse informato, un “accordo quadro” in cui veniva posta come data di rilascio dello stabilimento il settembre 2022 con possibilità di ulteriori tre anni. Raccontare ora – come ha fatto il gruppo Menci su La Nazione – che la colpa è della guerra, del Covid, dell’aumento dei materiali e delle istituzioni e che è alla ricerca di un capannone, quando si poteva averlo senza rasentare il ridicolo nella loro operazione immobiliare, è inaccettabile. Come l’accennata “eredità” che in realtà è un acquisto consapevole e che forse doveva essere meglio meditato con un serio piano industriale.

Il Gruppo Menci dovrebbe evitare di far polemiche, dire chiaramente che l’interesse nel proseguire la produzione in Piemonte è scarso e cercare insieme alle rappresentanze sindacali soluzioni condivise perché ci sono una quarantina di famiglie da tutelare». Se Menci confermasse l’intenzione di chiudere il sito entro fine anno, i lavoratori andrebbero a manifestare direttamente nella sede di Castiglione Fiorentino.

Alessandra Dellacà

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