«La comunione con i defunti è gioia piena e autentica»

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TORTONA – Il 2 novembre, giorno nel quale la Chiesa commemora tutti i fedeli defunti e si visitano i cimiteri per portare un fiore sulle tombe dei nostri cari, Mons. Guido Marini ha presieduto la Santa Messa alle 8 nella cattedrale di Tortona e al pomeriggio alle 15 nella parrocchia della Risurrezione a Voghera, poco distante dal cimitero cittadino, dove non è stato possibile celebrare a causa del maltempo. Nell’omelia del mattino, Mons. Marini si è interrogato su come noi ci accostiamo ai nostri defunti e su come affrontiamo la morte. Quando ci avviciniamo al mistero della morte, infatti, spesso abbiamo il cuore triste e appesantito, quasi che non ci fosse un’autentica speranza. Eppure ha sottolineato che non può essere così, perché noi siamo certi della risurrezione di Cristo. «La nostra vita non è un gioco a incastro in cui manca sempre un pezzo – ha detto – ma è uno splendido disegno di amore in cui tutto ha un significato che è il bene e la salvezza di tutti noi. La nostra vita, al contrario, è un transito da questo mondo alla pienezza, perché come scrive sant’Agostino, la vita piena del Signore è vita vera». La morte deve essere «una finestra sulla vita che ci è promessa dal Salvatore». Alle tombe bisogna recarsi ricordando nel cuore le parole del vangelo del giorno: “Chi vede il Figlio di Dio e crede in Lui ha la vita eterna e io lo farò risorgere nell’ultimo giorno”. Con i defunti, infatti, la relazione «non è interrotta ma è viva, in preghiera reciproca e in comunione nell’attesa di ritrovarci insieme nell’abbraccio eterno di Dio». Nell’Eucaristia pomeridiana a Voghera, concelebrata con i sacerdoti della città, il vescovo, che per la pioggia ha dovuto rinunciare alla visita alle tombe, ha pregato insieme ai fedeli che si sono riuniti nella chiesa dedicata proprio alla risurrezione, «elemento centrale nella vita di fede di ciascuno». Il Pastore diocesano ha sottolineato in modo particolare tre pensieri inerenti alla risurrezione. Il primo prendendo spunto dalla frase finale della professione di fede, nella quale affermiamo di credere nella risurrezione dei morti e nella vita eterna. Di fronte a questa verità bisognerebbe «avere un volto da risorti, da amati, da uomini e donne colpiti al cuore dalla bellezza di questa verità che cambia la vita» perché «la nostra eredità – ha aggiunto – è la vita stessa di Dio». Il secondo pensiero è stato sulla comunione dei santi, che è la relazione tra noi e i defunti con i quali abbiamo una relazione autentica e profonda mediante la preghiera, perché vi è la certezza di potersi ritrovare insieme nella vita piena. La preghiera per i defunti è proprio questo. Il terzo pensiero è stato suggerito dalla pagina del vangelo della liturgia del 2 novembre, che spiega come davanti alla morte diventa chiaro che cosa è importante e che cosa non lo è. «L’unica realtà che è davvero importante – ha affermato Mons. Marini – e che rimarrà per sempre è soltanto l’amore che dirà la cifra della bellezza, della ricchezza e dell’importanza della vita che abbiamo vissuto. L’incontro con la realtà della morte così può diventare sapienza di vita». Il vescovo ha concluso la sua riflessione ricordando come, anticamente, il giorno di Pasqua il celebrante raccontava una barzelletta, perché fosse chiaro che Cristo ha vinto la morte e quindi si può sorridere per questa grande notizia di gioia, perché siamo davvero sicuri che il nostro destino è l’abbraccio eterno dell’amore di Dio.

Daniela Catalano

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