Il busto in argento “che parla” genovese

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Venerdì 13 maggio, alle ore 18, sarà inaugurata nel salone del Seminario di Tortona la mostra dedicata ai 1900 anni del martirio di San Marziano

di don Maurizio Ceriani

Nella mostra dedicata ai 1900 anni del martirio di San Marziano, che inaugura il 13 maggio la sua esposizione, si può ammirare da vicino quello che possiamo ritenere il più pregiato manufatto di argenteria conservato nella città di Tortona. Si tratta del busto argenteo che rappresenta San Marziano, esposto sull’altar maggiore della cattedrale nelle principali feste dell’anno.

Un pezzo di pregevole fattura

Il busto si presenta come un testimone di quella magnifica scuola di oreficeria barocca che fiorì a Genova nella prima metà del Seicento. A quell’epoca la città stava vivendo un periodo d’oro, trasformata dai commerci in una capitale finanziaria internazionale dove il denaro, ma anche l’argento che arrivava in grande quantità dal sud America, aveva reso l’arte un’ottima forma di investimento, oltre che un biglietto da visita eccezionale per l’opulenza e l’eleganza della Superba. Il manufatto della cattedrale reca tre punzoni, cioè i sigilli con cui l’autorità nazionale garantiva la qualità del metallo prezioso e spesso anche quelli dell’orefice che aveva realizzato l’opera. I Punzoni riportati sono il simbolo della “torretta”. Le iniziali “DV” e il numero “22” “tradotti” stanno ad indicare una manifattura genovese, eseguita nel 1622, riconducibile a due importanti botteghe orafe della città ligure. Infatti la Repubblica punzonò i suoi argenti dal 1248 al 1824 con la “torretta”, che rappresenta un castello stilizzato con due torri laterali, forse l’antico “Castrum Romanum” sull’altura di Garzano, già impresso sul “genoino”, la moneta d’argento per eccellenza dei Genovesi. “DV” sono le iniziali di due grandi argentieri barocchi: Domenico Vigne, console dell’arte dei “Fraveghi” genovesi, o David Vassallo, entrambi nomi magniloquenti dell’oreficeria barocca ligure.

Il volto di San Marziano è una finezza unica, dai lineamenti ben delineati e dallo sguardo fiero di chi, col suo martirio, coronò la vittoria, laddove umanamente sembrava abitare la rovina e il fallimento. La barba, fluente e bipartita, dà un’ulteriore solennità allo sguardo già intenso, appoggiandosi sul ricco piviale finemente cesellato con motivi floreali, bordato da una fascia a decori ellittici, chiusa sul petto da una fibbia a testa di cherubino. Uguale decorazione arricchisce la mitria vescovile posta sul capo, mentre un’altra testa di cherubino impreziosisce la base che regge il busto e termina con un supporto ligneo dorato.

Dono per il 1500°

La data inequivocabile del 1622 e la dedica latina incisa ai piedi del busto, “Santo Martiano”, nonostante l’errore palese a chi mastica un po’ di lingua ciceroniana (“Santo” avrebbe dovuto essere scritto “Sancto”), raccontano che questa meraviglia di oreficeria fu il dono della devozione dei Tortonesi al loro Patrono, ricorrendo i 1500 anni dal suo martirio. Era vescovo, dall’8 novembre 1620, Paolo Aresi o Aresio, il teatino amico di Federigo Borromeo poi morto in concetto di santità nel 1644. Non abbiamo documenti che raccontino la decisione di realizzare il busto, ma se ne parla per la prima volta in un documento datato 7 luglio 1654, quando il vescovo Carlo Settala (1653-1682) vi fece riporre all’interno parte delle reliquie di San Marziano. In un successivo documento, datato 28 novembre 1669, si descrivono le reliquie contenute nel busto: 11 “involti”, su tutti si legge “Ossae fractae et alia multa fracta ossa corporis S. Martiani Ep”. Evidentemente vi furono riposti i frammenti più minuti del corpo del Santo Vescovo, per poterli esporre alla pubblica venerazione nel busto argenteo. Il resto del corpo, il vasetto con la spugna e il sangue rappreso e la lapide in terracotta, che copriva la sepoltura originale nell’abbazia di San Marziano, restavano all’interno di una cassetta di legno, riposta all’epoca dentro il monumentale sepolcro romano di Elio Sabino, oggi nell’atrio di palazzo Guidobono. Il busto è nuovamente aperto e il suo contenuto nuovamente descritto nell’autentica del 9 febbraio 1780 a firma del vescovo Giuseppe Ludovico de Andujar (1743-1782). In previsione del 1800° anniversario dell’arrivo di San Marziano a Tortona, il vescovo Vincenzo Capelli (1874-1890) decise di dare l’attuale sistemazione al corpo di San Marziano. Dai due verbali del 15 ottobre 1870 e 22 ottobre 1875 si evince che i resti vennero riuniti e ricomposti all’interno dell’attuale simulacro, che è steso sulla lapide in cotto della primitiva sepoltura e conserva ai suoi piedi l’ampolla del sangue rappreso. Nel busto del 1622 rimase la reliquia di una vertebra, rimossa nel 2006 per essere ricollocata nel sacrario del nuovo altare della cattedrale. Oggi chi aprisse il busto vi troverebbe copia di un verbale che racconta l’ultima parte di questa storia, cioè l’estrazione nel 2006 della reliquia in occasione della dedicazione del nuovo altare.

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