«C’è tanto deserto ma anche sorgenti d’acqua»

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Dal 3 al 6 novembre il Papa in Bahrain nei Paesi Arabi. Appello alla pace e a dire “no” con forza alla violenza delle guerre

di Daniela Catalano

Dal 3 al 6 novembre per la prima volta un Pontefice ha visitato il Bahrain, un piccolo Stato arabo diventato regno proprio quest’anno.

Papa Francesco ha compiuto un importante viaggio apostolico, durante il quale ha conosciuto la comunità cristiana del luogo, che conta 180.000 fedeli (il 10% della popolazione), di cui 140.000 cattolici. Cinque i discorsi ufficiali, un’omelia e l’Angelus, tutti pronunciati ad Awali.

Giunto in Bahrein, il 3 novembre, il Papa ha incontrato le autorità, la società civile e il Corpo diplomatico.

Venerdì è intervenuto alla chiusura del “Bahrain Forum Dialogue: East and West for Human Coexistence”, prima di trattenersi in privato con il Grande Imam di Al Azhar e con i membri del “Muslim Council of Elders” presso la Moschea del Sakhir Royal Palace. Nel tardo pomeriggio, ha partecipato alla preghiera ecumenica per la pace presso la cattedrale di Nostra Signora d’Arabia.

La giornata di sabato è iniziata alle 8.30, con la Messa presso il “Bahrain National Stadium” alla quale hanno preso parte circa 30 mila persone giunte dai quattro Paesi del vicariato apostolico dell’Arabia del Nord – Bahrein, Kuwait, Qatar e Arabia Saudita – e anche da altri Paesi del Golfo, ed è proseguita nel pomeriggio, con i giovani.

Infine, domenica 6 novembre, il Pontefice ha presieduto la preghiera e l’Angelus con i vescovi, i sacerdoti, i consacrati, i seminaristi e gli operatori pastorali presso la chiesa del Sacro Cuore a Manama, prima di ripartire per Roma.

Due i momenti più significativi vissuti in Bahrein: il primo il 4 novembre quando il Papa, accolto dal Re, Hamad bin Isa bin Salman Al Khalifa, e dal Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al Tayyeb e, si è recato con loro alla cerimonia dell’Albero della Pace, seguita dal discorso di chiusura del “Bahrain Forum for Dialogue East and West for Human Coexistence”, al quale erano presenti autorità religiose e civili di tutto il mondo, tra cui il “caro fratello”, Bartolomeo, il patriarca ecumenico di Costantinopoli. «Mentre la maggior parte della popolazione mondiale si trova unita dalle stesse difficoltà, afflitta da gravi crisi alimentari, ecologiche e pandemiche, nonché da un’ingiustizia planetaria sempre più scandalosa, pochi potenti si concentrano in una lotta risoluta per interessi di parte – ha detto Francesco – riesumando linguaggi obsoleti, ridisegnando zone d’influenza e blocchi contrapposti. Sembra così di assistere a uno scenario drammaticamente infantile». Nelle sue parole la consapevolezza che «Oriente e Occidente assomigliano sempre più a due mari contrapposti». «Noi, invece, siamo qui insieme – ha proseguito – perché intendiamo navigare nello stesso mare, scegliendo la rotta dell’incontro anziché quella dello scontro, la via del dialogo di questo Forum».

E ha indicato tre “sfide”: l’orazione, l’educazione e l’azione. L’orazione perché «gli squilibri di cui soffre il mondo contemporaneo si collegano con quel più profondo squilibrio che è radicato nel cuore dell’uomo», ha detto il Papa citando la Gaudium et Spes. Da qui emerge l’esigenza di «purificarci dall’egoismo, dalla chiusura, dall’autoreferenzialità, dalle falsità e dall’ingiustizia» per dedicare più attenzione all’educazione. Infine, l’azione: chi è religioso «con forza dice “no” alla bestemmia della guerra e all’uso della violenza. E traduce con coerenza, nella pratica, tali no».

Il secondo momento si è svolto domenica 6 novembre, quando il Santo Padre si è congedato dalla Residenza papale per trasferirsi alla chiesa del Sacro Cuore a Manama, la prima chiesa cattolica, sorta nel 1940 in Bahrein. Ad attenderlo i vescovi locali, 60 sacerdoti e oltre 1300 tra catechisti e operatori pastorali tutti appartenenti al Vicariato Apostolico dell’Arabia del Nord, dove lavorano circa 2 milioni di cattolici presenti in Bahrein, Kuwait, Qatar e Arabia Saudita. Con loro il Papa ha vissuto un tempo di preghiera terminato con la recita dell’Angelus. Ad accoglierlo, al suo arrivo, tre bambini accompagnati da una religiosa; mons. Paul Hinder, amministratore apostolico del Vicariato dell’Arabia del Nord e il parroco della chiesa del Sacro Cuore con l’acqua benedetta poi utilizzata per aspergere l’assemblea.

In questo luogo ha rivolto un nuovo appello a una pace duratura in Etiopia e nella martoriata Ucraina. Il Pontefice, commentando un brano del vangelo di Giovanni, ha esortato i presenti a far sgorgare nel cuore i doni dello Spirito Santo, facendo riferimento all’acqua viva che sgorga dal Cristo e dai credenti. «Le parole di Gesù – ha esordito il Papa – mi hanno fatto pensare proprio a questa terra: è vero, c’è tanto deserto, ma ci sono anche sorgenti di acqua dolce che scorrono silenziosamente nel sottosuolo, irrigandolo. È una bella immagine di quello che siete voi e soprattutto di ciò che la fede opera nella vita: in superficie emerge la nostra umanità, inaridita da tante fragilità, ma nel sottofondo dell’anima, nell’intimo del cuore, scorre calma e silenziosa l’acqua dolce dello Spirito, che irriga i nostri deserti, disseta la nostra sete di felicità».

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