Benedetta continua a pattinare

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Elisabetta Garavani, madre della giovane di Stradella morta prematuramente di cancro, ha raccolto in un libro la storia della figlia, bellissima e coraggiosa. Per sostenere la ricerca e la cura dei tumori pediatrici

In copertina un girasole che si staglia nello sfondo di un cielo terso. Nella terza di copertina il sorriso bellissimo e pieno di vita di una ragazza.

Il titolo ci aiuta a capire: Benedetta per sempre. Il racconto della mamma di un’adolescente stroncata a vent’anni da un tumore al cervello.

L’adolescente è Benedetta Ragni, di Stradella, strappata agli affetti dei suoi cari l’8 agosto 2020. La mamma è Elisabetta Garavani – mamma e medico – che ha voluto affidare alle pagine di un piccolo volume edito da Guardamagna la vicenda di Benedetta, con lo scopo di ricordarla, ma soprattutto con il forte desiderio di aiutare la ricerca per far sì che chi «leggerà questo libro potrà contribuire a incrementare la conoscenza delle malattie incurabili». Infatti, i proventi raccolti dalla vendita del racconto verranno interamente devoluti al progetto “Benedetta per sempre” a favore dell’Associazione “Bianca Garavaglia”, che si occupa della ricerca e della cura dei tumori pediatrici.

Come il glioblastoma che si è portato via Benedetta, un tumore maligno cerebrale di alto grado, «nella speranza che un giorno non si parli più solo di un calvario, ma si possa intravedere una luce nelle tenebre» – come fanno notare i famigliari della giovane – ai quali «rimane solo la volontà di ricordarla per sempre aiutando la ricerca contro il glioblastoma».

Sul sito www.benedettapersempre.com si possono trovare tutte le informazione su come e dove reperire la pubblicazione. Si avvicina il Natale e regalarla agli amici più cari può essere un ottimo modo per dare un senso autentico alla festa che celebra la vita.

Non c’è dolore più grande, più innaturale, di quello di una madre che perde un figlio, carne della propria carne. È la vicenda di mamma Elisabetta, la sua storia, «una storia di sofferenza e di dolore per non essere riuscita a strappare una figlia alla morte». Ma è anche una storia di speranza perché «un giorno più nessun genitore si debba sentire così totalmente impotente ed inerme. Molti tumori sono ancora davvero incurabili. Aiutiamo la ricerca contro il glioblastoma, il tumore al cervello più comune e più terribile che colpisce adulti, giovani nel fiore degli anni e adolescenti».

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Grazie alle pagine del libro conosciamo Benedetta, Benny, «bimba del 2000, arrivata nella nostra famiglia, voluta e desiderata quando io, già mamma di quattro figli, mi avvicinavo ai 43 anni di età». Una bimba che riempie la casa e che già da piccola si distingue per il suo carattere deciso, «tipico del segno del cancro, altera, bella, terribilmente sincera e contraria ad ogni compromesso, intelligente e soprattutto con un sorriso irresistibile per tutti», da subito una leader, capace anche, nonostante la giovane età, di farsi consigliera per i più grandi. Con una grande passione, il pattinaggio, nata verso gli 8 anni, in oratorio dove viene a conoscenza di lezioni di pattinaggio che diventa per Benedetta «un mondo nuovo di grande impegno ma anche di incontro e gioioso divertimento».

Terminate le scuole medie, Benny si iscrive al Liceo “Melchiorre Gioia” di Piacenza con l’obiettivo di conseguire una preparazione scolastica d’eccellenza che le permettesse di affrontare con sicurezza gli studi universitari.

Ma la sua vita stava per subire una svolta inattesa e impensata. Un mal di testa, il 28 agosto 2015, cambia il corso degli eventi. È mamma Elisabetta che racconta: «Vomito improvviso, ospedale, elettroencefalogramma, risonanza magnetica cerebrale urgente e diagnosi terrificante di ipertensione endocranica da neoformazione cerebrale, quindi corsa al “San Raffaele” di Milano dove viene ricoverata per essere sottoposta attonita ed incredula a un intervento neurochirurgico difficile e delicato».

È l’8 settembre 2015 quando Benedetta è operata. Sogni, progetti, desideri di futuro, insomma tutto quello che più di ogni altra cosa un genitore spera per i propri figli, svaniscono di colpo. «Avevo solo bisogno di vedere la mia ragazza, toccarla e sentirla sempre con me».

Inizia così la storia della malattia di Benedetta e la storia di immenso dolore della famiglia, con la consapevolezza che «un giorno lei ci avrebbe lasciati perché niente e nessuno ad oggi avrebbe potuto guarirla o curarla con risultati duraturi nel tempo. Siamo nel XXI secolo e molte malattie sono davvero incurabili».

Si apre una nuova vita per Benny, una vita con il tono del coraggio, della ferrea volontà di ritornare quella di prima. Benedetta riprende a pattinare. E la sua famiglia comprende che il proprio ruolo è quello di «assecondarla in tutto ciò che desiderava fare».

All’Oncologia pediatrica dell’Istituto Tumori di Milano si affidano le cure della giovane. Bisogna leggerle le pagine del libro in cui la madre racconta di quei giorni, di quelle corsie, di quei bimbi e di quei ragazzi. Bisogna leggerle con il cuore per riuscire, seppur lontanamente, a immaginare la voragine in cui un genitore sprofonda di fronte alla malattia di un figlio.

«Ho avuto subito la sensazione – continua la Garavani – molto triste che mancasse qualcosa, mancava alla porta d’ingresso del reparto un grosso cartello con scritto “chi entra qui difficilmente ne uscirà”.

Molte persone sono fortunate e non lo capiscono, perché non sanno neppure che esistono questi luoghi. Ho visto genitori con sguardi vuoti e volti smagriti, lacrime trattenute a fatica, sorrisi forzati, anime smarrite ed impaurite. Ho visto bimbi e ragazzi martoriati dalla malattia, piccoli esseri malati, calvi, con cicatrici deturpanti sulla testa, altri molto piccoli che piangono nelle braccia dei genitori incapaci di spiegare il motivo per cui così piccini sono lì, condannati ad essere bucati per i prelievi o attaccati ad una macchinetta per la terapia».

Giorni in cui si viene a contatto anche con la realtà di molti nostri ospedali, fatta di tanta buona volontà, ma anche di criticità. «Ricordo con angoscia – scrive la dottoressa – le visite oncologiche di controllo. Si aspettava sempre tanto, troppo».

Giorni di amare considerazioni: «La nostra “povera sanità lombarda” che dovrebbe mettere al centro il malato, non investe probabilmente abbastanza in queste strutture; d’altronde questi giovani cosa valgono? Diciamolo chiaramente: sono solo persone condannate e pertanto considerate socialmente inutili».

Tuttavia Benedetta sopporta ogni cosa e sempre con il sorriso sulle labbra, senza mai lamentarsi.

Durante la malattia riprende la frequenza della scuola. Un mondo che mamma Elisabetta scopre diverso da prima: «Non potendo parlare chiaramente con i professori perché il mio motto era tutelare mia figlia da sguardi che umanamente avrebbero potuto essere indiscreti e da commenti che se fossero mai trapelati l’avrebbero uccisa, ho cercato di far aumentare in lei l’autostima. Purtroppo l’ambiente scolastico non aiuta.

Persone poco accorte e poco sensibili, piene della loro conoscenza, le hanno procurato dispiacere e fatica, insistendo anche dopo aver appreso la verità».

Benedetta comunque trascorre serena gli anni del liceo, incontrando compagni stupendi e tanti amici che la rendono felice.

E arriviamo al 2019. Dopo quattro anni la risonanza segnala la ricrescita del tumore. Nell’aprile del 2019 il secondo intervento che riesce.

«Le ho dovuto raccontare – scrive la mamma – tutta la verità sulla sua malattia, data la maggiore età e che le possibilità di cura erano scarse.

Non so descrivere il dolore che ho provato e che provo ancora ricordando quel momento e il suo sgomento più che altro per essere stata “tradita” da me che non le avevo spiegato tutto subito».

Benedetta affronta un secondo ciclo di chemio e sostiene con successo l’esame di maturità.

E arriva per lei il momento di selezionare le “persone speciali”, quelle che non fuggono.

Tra queste Riccardo, «un ragazzo speciale, grande persona, più grande di molti uomini maturi, un esempio per tanti che sarebbero scappati, invece lui è rimasto accanto a lei anche quando stava tanto male, fino alla sua morte».

Benny vive bene ancora alcuni mesi, si iscrive all’università, ma la “bestia” si scatena rendendo vani tutti i tentativi di cura.

Si spegne l’8 agosto, nella sua casa, tra le braccia di quanti le vogliono bene e ora «finalmente sta correndo felice e libera nel vento».

Marco Rezzani

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