Anno infelice per il PIL

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di Cesare Raviolo

“ Anno nuovo, vita nuova” recita il proverbio, ma per il Pil (Prodotto Interno Lordo) dell’Italia la vita nuova non sembra destinata a essere particolarmente felice. Infatti, nel periodico rapporto “Prospettive per l’economia italiana nel 2023-2024”, pubblicato a fine 2023, l’Istat (Istituto Nazionale di Statistica) prevede un rallentamento della crescita del suo valore nel 2024. Per il nostro Paese questa non è una buona notizia, perché il Pil è il principale indicatore della salute di un’economia, dato che rappresenta la capacità del sistema economico di produrre beni e servizi finali. Anche le previsioni di Bankitalia e dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) attribuiscono al Pil italiano una crescita, rispetto al 2023, intorno allo 0,7%. A questo seppur debole incremento contribuiranno soprattutto le due componenti più significative del Pil: i consumi e gli investimenti. A trainare la domanda interna saranno i consumi privati (+1,0%), favoriti dal rallentamento dell’inflazione, da un graduale recupero delle retribuzioni e da un aumento dell’occupazione. Più modesto il contributo degli investimenti, per i quali è previsto solo un +0,6%. Rileva il dato nullo della domanda estera netta (esportazioni meno importazioni); questa dinamica negativa dell’export è conseguente alle difficoltà dell’economia della Germania, principale cliente dell’industria italiana. Se le previsioni saranno rispettate, si potrà registrare un aumento dell’occupazione che, misurata in termini di unità di lavoro (Ula), segnerà un +0,8%, con la disoccupazione in flessione al 7,6 quest’anno e al 7,5 l’anno prossimo; anche il calo dei prezzi dei prodotti energetici e gli effetti delle politiche monetarie restrittive (maggiore costo del denaro) della Bce (Banca Centrale Europea) avranno ricadute positive sulla dinamica dell’inflazione, per cui i prezzi al consumo, cresciuti nel 2023 del 5,7% rispetto all’anno precedente, sono previsti in aumento solo del 2,7% nel 2024. Nel complesso, lo scenario previsivo dell’Istat, pur avendo dovuto correggere al ribasso le previsioni del Governo nella Nadef (Nota di Aggiornamento del Documento Economico Finanziario), è coerente con l’andamento delle principali economie dei Paesi dell’Unione Europea e si sostiene grazie all’ipotesi della continuità del trend favorevole dei prezzi al consumo e delle materie prime importate, di una graduale ripresa del commercio mondiale e della attuazione del piano di investimenti previsti nel Pnrr (Piano Nazionale Ripresa Resilienza).

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