All’ex Ilva l’allerta rimane costante

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Situazione di incertezza su più fronti per l’azienda novese

NOVI LIGURE – Lo stop all’altoforno 2 di Taranto e l’ormai ridotta quantità di semilavorati presenti potrebbero creare non pochi problemi all’ex Ilva novese.

Lo stabilimento locale, che conta oltre 600 dipendenti di cui 150 al momento in cassa straordinaria a rotazione, è quindi sul chi va là.

Una situazione di allerta costante che dura, però, ormai da anni, fin da quando la proprietà del colosso dell’acciaio era passata in mano ai franco-indiani di “ArcelorMittal”.

Tra riduzioni di stipendi e azzeramento di quasi tutti i premi di produzione, i lavoratori vivono nell’incertezza. «Le ripercussioni su Novi saranno importanti e già si stanno vedendo. – spiega Federico Porrata, delegato rsu Fiom Cgil – Di rotoli ne stanno arrivando già pochi ora e non abbiamo materiali da lavorare. Sarà così anche per tutto agosto. Una ripresa è prevista a inizio settembre ma al momento non ci sono certezze.

È poi importante rimarcare come la situazione attuale venga gestita con cassa integrazione straordinaria da parte dell’azienda, con presa di posizione unilaterale senza accordo tra le parti. In questo senso, evidenziamo anomalie rispetto al- l’utilizzo degli ammortizzatori in quanto impropri su Novi».

Un altro tema sul quale i sindacati premono molto è quello relativo alla sicurezza. «Non ci sono piani di manutenzione straordinaria al- l’orizzonte. – prosegue – Si parla di interventi molto in là nel tempo, verso fine 2023, ma al momento non c’è certezza. Noi alla proprietà chiediamo inoltre di garantire le due settimane di ferie a tutti i lavoratori, oltre che di abbassare il monte ferie del 2021 perché sono in molti ad averne accumulate.

Allo stesso tempo chiediamo una rotazione, prevista dalla procedura, in tutti i reparti per tutti i lavoratori e quindi una distribuzione equa della cassa.

In questo senso avremo incontri settimanali con l’azienda per monitorare la situazione». Tante criticità alle quali si aggiungono l’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime, che incidono inevitabilmente sulla produzione in tutta Italia.

«La procedura di cassa in sé è stata messa al vaglio da una verifica effettuata dall’ispettorato del lavoro mandato dal Ministero, per capire se le motivazioni della cassa siano legittime. – conclude Porrata – Siamo di fronte alla stessa situazione lavorativa che si sta verificando negli altri stabilimenti del gruppo». E dire che il numero di operai sotto contratto, stando agli ultimi accordi, dovrebbe essere maggiore. La pianta organica prevede, infatti, la presenza di 700 unità, contro le 628 ora presenti.

Luca Lovelli

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