«Le persone povere trovino in voi un padre e un fratello»

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Il Giubileo dei vescovi. Mercoledì 25 giugno a Roma era presente Mons. Guido Marini con i confratelli della Regione Ecclesiastica Ligure

DI DANIELA CATALANO

Dal 23 al 27 giugno si sono svolti a Roma tre importanti eventi giubilari dedicati rispettivamente ai seminaristi, ai vescovi e ai sacerdoti di tutto il mondo, ai quali hanno partecipato la comunità del nostro seminario diocesano (con Matteo Albareda, Giuseppe Giorgi, Vincenzo Selvaggio, Alessandro Vivalda), accompagnata dal rettore don Claudio Baldi e Mons. Guido Marini che, mercoledì 25, si è ritrovato insieme ai confratelli giunti da altri 38 Paesi del mondo per celebrare il Giubileo dei vescovi. Con lui c’erano anche gli altri membri della Regione Ecclesiastica ligure (Mons. Marco Tasca, Arcivescovo di Genova, Mons. Guglielmo Borghetti, Albenga-Imperia, Mons. Giampio Devasini, Chiavari, Mons. Gero Marino, Savona-Noli, Mons. Luigi Ernesto Palletti, La SpeziaSarzana Brugnato e Mons. Antonio Suetta, Ventimiglia-Sanremo). I vescovi hanno iniziato il loro pellegrinaggio attraversando la Porta Santa di San Pietro dove, alle ore 10.30, hanno concelebrato la Messa, presieduta dal prefetto emerito del Dicastero per i vescovi, il cardinale Marc Armand Ouellet, all’Altare della Cattedra. Alle 12.30, poi, sempre in basilica, è giunto Papa Leone XIV che, in un clima di fraternità, si è rivolto agli oltre 400 prelati e ha tratteggiato con profondità e chiarezza il profilo del vescovo, testimone di fede, uomo di speranza e servitore della carità. 0Il Pontefice ha iniziato ringraziando i presenti per il loro impegno pastorale e il desiderio di rinnovarsi spiritualmente nel cuore dell’Anno Giubilare e ha ricordato che ogni vescovo, prima ancora di essere pastore, è “pecora” e che solo lasciandosi trasformare da Cristo, può guidare la Chiesa secondo il suo cuore. Al centro del messaggio papale l’approfondimento della virtù teologale della speranza. Citando il motto paolino Spes non confundit, scelto da Papa Francesco per l’indizione dell’Anno Santo, Leone XIV ha spiegato che il vescovo è chiamato a essere “custode e trasmettitore della speranza”, anche quando le circostanze non sono favorevoli. «A volte, annunciare che la speranza non delude significa andare controcorrente, – ha detto – persino contro l’evidenza di situazioni dolorose che sembrano senza via d’uscita. Ma è proprio in quei momenti che può meglio manifestarsi come il nostro credere e il nostro sperare non vengano da noi, ma da Dio». Il Pastore, infatti, non impone risposte, ma si fa prossimo e vicino. Il primo tratto indicato dal Papa vede il vescovo come «il principio visibile di unità nella Chiesa particolare a lui affidata». «È suo compito fare in modo che essa si edifichi nella comunione tra tutti i suoi membri e con la Chiesa universale», valorizzando il contributo di doni diversi. Presentando il profilo teologale del vescovo, il Santo Padre ha delineato un uomo «pienamente docile all’azione dello Spirito Santo, che suscita in lui la fede, la speranza e la carità e le alimenta, come la fiamma del fuoco, nelle diverse situazioni esistenziali». Come Mosè, che «rimase saldo come se vedesse l’invisibile», anche il vescovo è chiamato a guardare oltre, a vedere la meta, intercedendo per il suo popolo. Il Pastore è, poi, uomo di speranza, capace di non lasciarsi scoraggiare dalle crisi, sostenendo le persone provate: «Quando le famiglie portano pesi eccessivi e le istituzioni pubbliche non le sostengono adeguatamente; quando i giovani sono delusi e nauseati di messaggi illusori; quando gli anziani e le persone con disabilità gravi si sentono abbandonati, il vescovo è vicino e non offre ricette, ma l’esperienza di comunità che cercano di vivere il Vangelo in semplicità e condivisione». La fede e la speranza si fondono nell’essere uomo di carità pastorale: «Tutta la vita del vescovo, tutto il suo ministero, – ha sottolineato Prevost – così diversificato e multiforme, trova la sua unità in questo che sant’Agostino chiama “amoris officium”. Qui si esprime e traspare al massimo grado la sua esistenza teologale. Nella predicazione, nelle visite alle comunità, nell’ascolto dei presbiteri e dei diaconi, nelle scelte amministrative, tutto è animato e motivato dalla carità di Gesù Cristo Pastore. Il suo cuore è aperto e accogliente, e così è la sua casa». Per il Pontefice, inoltre, il vescovo deve possedere virtù indispensabili come «la prudenza pastorale, la povertà, la perfetta continenza nel celibato e le virtù umane». Prudenza che si esplica nel dialogo «come stile e metodo nelle relazioni e anche nella presidenza degli organismi di partecipazione, cioè nella gestione della sinodalità nella Chiesa particolare». La povertà evangelica che emerge da «uno stile semplice, sobrio e generoso, dignitoso e nello stesso tempo adeguato alle condizioni della maggior parte del suo popolo». «Le persone povere devono trovare in lui un padre e un fratello, non sentirsi a disagio nell’incontrarlo o entrando nella sua abitazione. – ha aggiunto il Papa – Egli è personalmente distaccato dalle ricchezze e non cede a favoritismi sulla base di esse o di altre forme di potere». E, infine, il vescovo deve vivere «anche quella forma di povertà che è il celibato e la verginità per il Regno dei cieli». La lealtà, la sincerità, la magnanimità, l’apertura della mente e del cuore, la capacità di gioire con chi gioisce e soffrire con chi soffre; e ancora il dominio di sé, la delicatezza, la pazienza, la discrezione, una grande propensione all’ascolto e al dialogo, la disponibilità al servizio: tutte queste caratteristiche per Leone XIV vanno coltivate «in conformità a Gesù Cristo, con la grazia dello Spirito Santo». Il Santo Padre, inoltre, ha chiesto con forza ai presuli di essere padri autentici per i propri presbiteri: «Che ogni presbitero, nessuno escluso, possa sperimentare la paternità, la fraternità e l’amicizia del vescovo». Solo così, infatti, cresce l’unità della Chiesa e si rafforza il tessuto ecclesiale. Il Papa, infine, ha invocato l’intercessione della Vergine Maria e dei santi Pietro e Paolo per le Chiese di tutto il mondo, impartendo la benedizione e ha rivolto ai pastori alcune parole a braccio, sottolineando la sua gioia nel partecipare al Giubileo dei vescovi che erano «il volto universale della Chiesa». Il Giubileo dei vescovi è terminato con il pranzo condiviso nel cortile del Pontificio Seminario Romano Maggiore.

(Foto: Sir e Il Cittadino)

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