Vite spezzate

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di Silvia Malaspina e Carolina Mangiarotti

Non solo Mahsa Amini, la ventiduenne di origine curda, deceduta il 17 settembre dopo tre giorni di coma, in seguito alle violenze subite durante l’arresto da parte della polizia di Teheran, per aver indossato il velo in modo “inappropriato”, ma anche Hadis Najafi e quante ancora? La vicenda che ha dato il via a questa lunga scia di sangue, ahinoi, è nota: Mahsa si trovava nella capitale iraniana per una vacanza: è stata fermata sulla pubblica via da alcuni poliziotti poiché dal suo hijab sfuggivano ciocche ribelli di capelli, e portata in caserma per una “lezione di rieducazione”. Ne è uscita alcune ore dopo, esanime su una barella, cerebralmente morta, come alcuni medici dell’ospedale dove è stata ricoverata hanno testimoniato. Il fratello Kiarash, che era stato ad attenderla all’esterno della caserma, afferma di aver udito le sue grida provenienti dall’edificio. Hadis Najafi, invece, diventata con la sua bionda coda di cavallo il simbolo della protesta per la morte di Mahsa, è stata a sua volta brutalmente uccisa a colpi di arma da fuoco per strada dalle forze di sicurezza iraniane durante la repressione delle manifestazioni di protesta.

Siamo rimaste sconvolte per queste notizie: come possiamo restare indifferenti davanti alle vite di ragazze poco più che ventenni, spezzate da autoproclamatisi “difensori della pubblica morale”?

«Incredibile questa vicenda! Com’è possibile che le quasi mie coetanee vengano uccise per il modo in cui si vestono? Le proteste dilagano: ho visto su Tik Tok molti video in cui molte donne iraniane si tagliano i capelli o bruciano il velo. Da qualche giorno, però, l’accesso a Internet è diventato per loro difficoltoso, perché il governo ha criptato per molte ore al giorno la Rete. Sono state anche sospese le lezioni nelle Università e soffocate numerose rivolte, con arresti di molte persone, specie donne giovani. È tutto assurdo, non me ne capacito.» «Anche per me sono episodi raccapriccianti: mi indigna che il fondamentalismo si accanisca sempre contro le donne che, non si capisce per quale distorta ragione, vengono considerate colpevoli della “degenerazione” della società, qualora abbiano l’ardire di manifestarsi come esseri raziocinanti. E quell’altra povera figliola pakistana, Saman, trucidata dal padre perché si era opposta a un matrimonio combinato? Inaudito e inumano! Ed è accaduto in Italia, non in una remota provincia del suo Paese di origine.»

«E quindi cosa bisogna fare? Attendere che il regime iraniano cada? Ti sembra una possibilità concreta?» «Non lo so, con tutto quello che sta succedendo nel panorama internazionale, è impossibile prevedere il futuro. Auguriamoci che il sassolino del cambiamento lanciato dalle coraggiose ragazze iraniane rotoli e diventi una valanga per le tutte le donne oppresse.»

silviamalaspina@libero.it

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