Una sola carne in cucina

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di Maria Pia e Gianni Mussini

La mamma di Gianni, originaria dell’Oltrepò, cucinava piatti vivaci come la sua terra d’origine. Proverbiali i ravioli, con giorni di lavoro che coinvolgevano casa e vicinato. Lo stufato, marinato per una notte nel vino rosso, veniva lasciato sul fuoco per ore prima di essere tritato finemente e mescolato con uova, parmigiano e altri segreti ingredienti. Ma intanto la mamma preparava la pasta e la stendeva con il matterello per poi ritagliare con l’apposita “rotella” i quadrati da farcire con il ripieno. A questo punto tutti gli spazi liberi della cucina si ricoprivano di teli infarinati su cui venivano posti i ravioli a “stagionare”. Così, una parte finiva falcidiata dai fratelli più piccoli, che se li mangiavano crudi… Ma finalmente si procedeva alla cottura e al condimento (sugo dello stufato e abbondante parmigiano).

Per il resto, i piatti di mamma Bruna erano pochi ma buoni: risotto (molto “sgranato”) con gli ossobuchi, in inverno il “ragò”, poi gli spaghetti al sugo e le minestre tradizionali. Ma non mancavano un paio di vere rarità: il pollo in bianco, con salsa di aceto e pan grattato, e il memorabile flan al maraschino. Discorso a parte per le ciambelline salate (come i taralli pugliesi ma senza vino): così buone che, quando ne mandò un sacchetto a Gianni militare ad Ascoli, andarono a ruba tra i compagni di camerata.

La mamma di Maria Pia, con i suoi 23 traslochi, aveva invece imparato specialità di tutta Italia e s’ingegnava anche a cercare ricette sui testi specializzati delle brave massaie di quegli anni: la “Cucina italiana” e il “Cucchiaio d’argento”. Oltre ai piatti tradizionali della sua Voghera, simili a quelli della consuocera (ma il risotto era mantecato!), preparava la pizza, allora sconosciuta al Nord, le orecchiette pugliesi con le cime di rapa o i testaroli pontremolesi conditi con pesto ligure fatto in casa (non c’era quello pronto). E poi i canederli e lo strudel altoatesini, che erano ancora delle particolarità “etniche”.

Se con il matrimonio gli sposi diventano “una sola carne”, è vero che l’osmosi riguarda anche i vari ambiti della loro nuova condizione. E che le due famiglie si combinano, affluenti diversi nel gran fiume della vita.

Così Maria Pia, nonostante la sua testa “quadrata”, in cucina sprigiona ora tutta la sua creatività, incorporando il retaggio delle due famiglie d’origine ma sbizzarrendosi anche in mille nuove ricette, che assecondano la progressiva internazionalizzazione della famiglia: per esempio quella del “pico de gallo” appreso dai consuoceri messicani o la “meze” assaggiata più volte in Turchia.

Il risultato è che quando vengono amici a cena, è sempre una festa. Anche se il marito alla fine preferisce a tutti i manicaretti la buona minestra di verdura che Maria Pia prepara ogni giorno, usando anche gli scarti degli ortaggi consumati.

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