Una Chiesa aperta come la casa di Betania

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Tre cantieri + uno

I cantieri di Betania è il titolo del documento della Cei che contiene le prospettive per il secondo anno del Cammino sinodale e viene consegnato alle Chiese locali (è disponibile su https://camminosinodale.chiesacattolica.it/).

Nell’introduzione, il presidente dei vescovi mons. Matteo Zuppi spiega che questo testo “nasce dalla consultazione del popolo di Dio, svoltasi nel primo anno di ascolto (la fase narrativa), strumento di riferimento per il prosieguo del cammino che intende coinvolgere anche coloro che ne sono finora restati ai margini. Sono indicate alcune priorità emerse dalle indicazioni ricevute”.

Come si legge nel documento, nell’anno pastorale 2021-2022 si sono formati circa cinquantamila gruppi sinodali, con una partecipazione complessiva di mezzo milione di persone coordinate da più di quattrocento referenti diocesani. Ciascuna Diocesi ha trasmesso una sintesi dei lavori alla Segreteria generale della Cei e, da un incontro tra i vescovi rappresentanti le conferenze episcopali regionali e i referenti diocesani, è emersa una prima sintesi nazionale. All’assemblea generale della Cei dello scorso maggio si è infine giunti a definire alcune priorità sulle quali concentrare il secondo anno di ascolto.

L’incontro di Gesù con Marta e Maria nella casa di Betania (Lc 10,38-42) si è profilato come icona di questa fase, in quanto raccoglie i temi discussi nei gruppi sinodali: cammino, ascolto, accoglienza, ospitalità, servizio, casa, relazioni, accompagnamento, prossimità, condivisione.

Il progetto è quello di una Chiesa aperta a tutti proprio come la casa di Betania. Per edificarla servono dei cantieri e il testo in questione ne propone tre. Essi potranno essere adattati liberamente a ciascuna realtà, scegliendo quanti e quali proporre nel proprio territorio. Inoltre, ogni Chiesa locale potrà aggiungerne un quarto che valorizzi una priorità risultante dalla propria sintesi diocesana o dal proprio sinodo.

Il primo è quello della strada e del villaggio, che intende rispondere a una domanda di fondo: come il nostro camminare insieme può creare spazi di ascolto reale della strada e del villaggio?

Il secondo è quello dell’ospitalità e della casa, scelto per indagare come possiamo camminare insieme nella corresponsabilità.

Infine, il terzo è il cantiere delle diaconie e della formazione spirituale, che mira a capire come possiamo camminare insieme nel riscoprire la radice spirituale (la parte migliore) del nostro servizio.

Rete Sicomoro

L’introduzione del cardinale Matteo Zuppi

«Lo Spirito del Signore è l’unica forza nella nostra fragilità»

“Il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio”. Queste parole di Papa Francesco, così impegnative e consapevoli, hanno dato forma e consistenza nelle nostre Chiese in Italia al Cammino sinodale avviato un anno fa.

Certo, non è facile mettersi in cammino, soprattutto in questa stagione segnata da tanta paura, incertezza, smarrimento. Non è facile farlo insieme, perché siamo tutti condizionati dall’individualismo e dal pensare gli altri in funzione nostra e non viceversa. Non si cammina insieme quando si è autoreferenziali! Le difficoltà vissute in questo anno pastorale, a iniziare dalla pandemia che tanto ci ha isolati, la novità del metodo, hanno rallentato il Cammino.

Questo testo, “I Cantieri di Betania”, è frutto proprio della sinodalità. Nasce dalla consultazione del popolo di Dio, svoltasi nel primo anno di ascolto (la fase narrativa), strumento di riferimento per il prosieguo del Cammino che intende coinvolgere anche coloro che ne sono finora restati ai margini. Sono indicate alcune priorità emerse dalle indicazioni ricevute. È tanto necessario ascoltare per capire, perché tanti non si sentono ascoltati da noi; per non parlare sopra; per farci toccare il cuore; per comprendere le urgenze; per sentire le sofferenze; per farci ferire dalle attese; sempre solo per annunciare il Signore Gesù, in quella conversione pastorale e missionaria che ci è chiesta. È una grande opportunità per aprirsi ai tanti “mondi” che guardano con curiosità, attenzione e speranza al Vangelo di Gesù.

Viene consegnato alle Chiese all’inizio dell’estate, perché così abbiamo modo di impostare il cammino del prossimo anno. Lo sappiamo: a volte sarà faticoso, altre coinvolgente, altre ancora gravato dalla diffidenza che “tanto poi non cambia niente”, ma siamo certi che lo Spirito trasformerà la nostra povera vita e le nostre comunità e le renderà capaci di uscire, come a Pentecoste, e di parlare pieni del suo amore. Camminiamo insieme perché con Gesù e, quindi, tra noi.

Ricordiamo quest’anno il sessantesimo di apertura del Concilio Vaticano II. È sempre la nostra Madre Chiesa, segnata da dolori e dispiaceri per quanto ha oscurato la sua storia, ma piena di ricchezze spirituali, di nuove e inaspettate energie per guardare “con sicurezza ai tempi futuri”. Mi sembrano così vere ancora oggi le parole pronunciate, all’inizio dell’assise conciliare, da San Giovanni XXIII circa coloro che, pure accesi di zelo per la religione, continuano a valutare «i fatti senza sufficiente obiettività né prudente giudizio» perché «non sono capaci di vedere altro che rovine e guai». Non senza “offesa”, commentava amaramente il Papa “buono”. Essi «vanno dicendo che i nostri tempi, se si confrontano con i secoli passati, risultano del tutto peggiori; e arrivano fino al punto di comportarsi come se non avessero nulla da imparare dalla storia, che è maestra di vita, e come se ai tempi dei precedenti Concili tutto procedesse felicemente quanto alla dottrina cristiana, alla morale, alla giusta libertà della Chiesa». Abbiamo molto da imparare! Sono (siamo) i «profeti di sventura, che annunziano sempre il peggio, quasi incombesse la fine del mondo». Ecco, sono certo che camminare insieme ci aiuterà a «vedere i misteriosi piani della Divina Provvidenza, che si realizzano in tempi successivi attraverso l’opera degli uomini, e spesso al di là delle loro aspettative, e con sapienza dispongono tutto, anche le avverse vicende umane, per il bene della Chiesa». Perché è ancora più vero oggi che «non dobbiamo soltanto custodire questo prezioso tesoro, come se ci preoccupassimo della sola antichità, ma, alacri, senza timore, dobbiamo continuare nell’opera che la nostra epoca esige, proseguendo il cammino che la Chiesa ha percorso per quasi venti secoli».

Giovanni XXIII concluse con un’affermazione che sento di fare mia: «È appena l’aurora: ma come già toccano soavemente i nostri animi i primi raggi del sole sorgente!».

Il Signore ci aiuti a vivere il nuovo anno di Cammino con questa consapevolezza, matura, segnata dai problemi, certo, ma anche ricca di speranza nello Spirito del Signore che ci guida nelle avversità del mondo ed è l’unica forza nella nostra fragilità perché ci riempie del tesoro di Cristo.

Con fraternità

Matteo Card. Zuppi

Presidente della Conferenza Episcopale Italiana

Roma, 11 luglio 2022

Festa di San Benedetto Abate

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