Stessa spiaggia, stesso mare

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Di Ennio Chiodi

“Per quest’anno non cambiare: stessa spiaggia, stesso mare.” Sono passati 60 anni da quando le note di questa popolarissima canzone, tormentone di più estati, risuonavano dai juke-box diffusi nelle località di villeggiatura, nei chioschi, sotto le verande più o meno fatiscenti, e sulle spiagge di quelli che si chiamavano – e si chiamano tuttora lidi, o bagni o stabilimenti. E “come l’anno scorso sul mare col pattino vedremo gli ombrelloni lontano lontano…” Sì perché – anche di questi tempi – poco è cambiato. La maggior parte delle famiglie italiane tornerà in quei luoghi, su quelle battigie, su quei lunghi tratti di spiaggia occupati da stabilimenti in concessione lungo le riviere e nelle baie di tutta la costa italiana, isole comprese. Troveranno – ma non sempre – strutture e servizi rinnovati negli anni, aperitivi più alla moda e magari ristoranti esotici e “gourmet”, ma sostanzialmente la musica non cambia: stessa spiaggia, stesso mare, stessa concessione. E quasi sempre gli stessi gestori, magari i figli e i nipoti di quelli conosciuti dai loro genitori o dai loro nonni. In Italia, caso unico in Europa, le licenze balneari sono immutabili nel tempo. Costano ai gestori di solito molto poco rispetto al giro di affari che consentono, a dispetto dei prezzi pagati dagli utenti per usufruire di quei servizi. Quelli crescono, eccome se crescono! Nessun Governo, da anni, trova il coraggio di intervenire a sanare questa anomalia, questo “privilegio”, nonostante i richiami sempre più decisi delle istituzioni europee. Ormai, tuttavia, i nodi stanno venendo al pettine e gli inviti dell’Unione Europea sono diventati obblighi vincolanti. L’ultimo tentativo del Governo di rinviare nuovamente ogni decisione, con una proroga a tutto il 2024, è stato annullato con una recentissima sentenza inappellabile del Consiglio di Stato. Insomma, un altro paradosso italiano: tutto resta come prima, ma nulla può restare come prima. Le concessioni attuali sono definitivamente scadute e nuove gare devono essere bandite, senza eccezione. Le spiagge, del resto, costituiscono una risorsa limitata e quindi preziosa che non può essere lasciata in gran parte alla speculazione. Si dovrà – certamente – tener conto in misura adeguata di diritti in qualche modo acquisiti da chi ha investito in strutture e servizi. Non si potranno cancellare di punto in bianco competenze e abitudini consolidate nel tempo da intere famiglie, ma è davvero finalmente giunto il momento di decisioni corrette ed equilibrate anche a costo di rinunciare a qualche, innegabile, aiutino elettorale.

enniochiodi@gmail.com

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