Omofobia: serve una nuova legge?

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La Cei: nessun vuoto normativo per assicurare alle persone omosessuali la tutela contro maltrattamenti, violenze, aggressioni. Nei 5 Ddl in discussione alla Camera anche il rischio ideologico

Proprio in queste ore il parlamento è chiamato a votare il testo di legge unificato, depositato in Commissione Giustizia nei giorni scorsi, che riunifica cinque disegni di legge (Boldrini, Zan, Scalfarotto, Perantoni e Bartolozzi) e che mette sullo stesso piano la discriminazione per orientamento sessuale a quello razziale, interviene su due punti del codice penale e, attraverso un’aggiunta alla legge Mancino, mira a sanzionare azioni e gesti violenti di stampo omotransfobico. Il cuore del ddl “Zan-Scalfarotto” vuole inserire l’orientamento sessuale e l’identità di genere all’interno dell’attuale impianto giuridico in materia di reati e discorsi d’odio, allo scopo di estendere la normativa già esistente alla protezione della popolazione Lgbt.

La Conferenza Episcopale italiana è intervenuta con un comunicato nel quale ha ribadito con fermezza che ogni persona va rispettata con le parole e con le azioni, come dichiara anche Papa Francesco che, in “Amoris laetitia” (n. 250), scrive: «nessun persona dev’essere discriminata sulla base del proprio orientamento sessuale». La legge esistente, però, già punisce chi non lo fa e non c’è nessun vuoto normativo tale da esigere un’ulteriore legge che potrebbe rischiare di uccidere la libertà di espressione e di educazione. Il codice prevede già delle sanzioni per i delitti contro la vita, contro l’incolumità personale, contro l’onore, come la diffamazione, i delitti contro la personalità, contro la libertà personale, come il sequestro di persona, la violenza sessuale, contro la libertà morale e gli atti persecutori.

Tra le proposte della legge c’è anche l’istituzione della giornata nazionale contro l’omotransfobia (il 17 maggio); misure di contrasto all’omotransnegatività con interventi relativi all’educazione, all’istruzione e al lavoro; la nascita di un fondo dedicato

ai cosiddetti “centri antidiscriminazione e case rifugio” e un monitoraggio, attraverso l’Istituto di Statistica, sull’andamento dell’omotransfobia in Italia.

Il rischio che individuano i vescovi della presidenza della Cei è che queste proposte si traducano in confusione normativa e possibilità di nuove discriminazioni che potrebbero portare a nuove e gravi ingiustizie.

Il vescovo di Ventimiglia-San Remo, mons. Antonio Suetta, ha focalizzato la sua attenzione sul punto in cui il testo prevede di punire «l’istigazione a commettere atti di discriminazione o di violenza, non mere opinioni» perché «per individuare la differenza tra una opinione e una reale discriminazione ci si affiderebbe a delle valutazioni in capo a un giudice».

L’altro rischio è che «un genitore, un vescovo, un parroco, un catechista, che, nell’adempimento della loro naturale missione, abbiano esposto secondo la propria coscienza e le proprie convinzioni una valutazione educativa circa determinate condotte o promozioni di costume, – ha spiegato Suetta – possano essere sottoposti a un procedimento penale, in cui sarà da dimostrare che l’opinione o l’intervento formativo non conteneva in sé intento discriminatorio, per stabilire di volta in volta se sia stato superato il confine fra opinione e discriminazione».

Pure la tesi della “nessuna differenza” tra gli esiti psicologici-esistenziali mostrati dai figli che vivono all’interno di famiglie gay rispetto a quelli che vivono e crescono con i genitori biologici, eterosessuali, potrebbe essere motivo di contestazione e di divisione.

Un ultimo aspetto che lascia molto perplessi è l’introduzione nella legge di espressioni come «identità di genere» e «orientamento sessuale», concetti che non sono definiti in modo stabile e univoco e sui quali psicologia e antropologia dibattono da decenni senza un comune accordo.

Alessandro Zan, deputato del Pd, incaricato di stendere la sintesi dei cinque progetti di legge, sulle pagine di Avvenire, con intento rassicurante ha dichiarato: «Non vogliamo limitare la libertà d’espressione di nessuno. Non sarà una legge-bavaglio, né una legge liberticida. Abbiamo un solo obiettivo. Tutelare le persone più vulnerabili. Non inseguiamo né progetti ideologici né di propaganda».

Daniela Catalano

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