Gli Italiani e la guerra
Di Ennio Chiodi
Complici giornali, web e televisioni che propongono più impressioni che informazioni, più posizioni ideologiche che dati verificati e consolidati, il “sentiment” – come si dice oggi – o lo stato d’animo degli Italiani a proposito della guerra che si combatte in Ucraina è perlomeno confuso. Siamo sostanzialmente “stanchi” – “stufi” direi – e vorremmo che finisse presto. Come, non è chiaro. Lo conferma un recente sondaggio condotto da Alessandra Ghisleri: il 42% degli Italiani ritiene che il leader ucraino Volodymyr Zelensky dovrebbe accettare un accordo anche a costo di dolorose cessioni territoriali, viste come un sacrificio necessario per fermare una guerra che apparirebbe sempre più senza via di uscita. La maggioranza riconosce che le responsabilità della guerra siano attribuibili a Vladimir Putin ma chiede a Zelensky di arrendersi; riconosce che l’Ucraina dovrà restare sovrana e indipendente, ma chiede a quelle po- polazioni di rinunciare a territori, pezzi di storia e di passato. Non si prende in considerazione l’ipotesi che anche Mosca sia in diffi- coltà e che anche Putin debba cercare una via d’uscita dopo aver portato a morire – secondo le ultime stime – almeno 200.000 giovani russi su un fronte che si è dimostrato molto più impervio di quanto l’autarca immaginasse. Pensava, Putin, di risolvere la questione in poche settimane, aprendo e chiudendo con perdite limitate quella “operazione militare” che non aveva neppure avuto il coraggio di chiamare guerra. L’Ucraina ha reagito con orgoglio nonostante la distruzione e le terribili perdite: il coraggio, la resistenza e la capacità di individuare innovative soluzioni tecnologiche hanno colto lo “zar” di sorpresa. Non è tempo di “blitzkrieg”, di guerre lampo: sai quando comincia – anche se spesso non sai il perché – ma non sai quando e come la guerra finirà. Non è la prima volta che accade nel corso della storia recente. Succede che siano più brevi le paci delle guerre, paci fragili, congelate, mai del tutto sbocciate. Speriamo con il cuore e non solo con la ragione che la tregua in corso a Gaza e dintorni non sia una di quelle. In mezza Europa si parla di riarmo e in diversi Paesi, a ridosso dei confini russi e all’interno dello sconfinato impero che si chiamava Unione Sovietica, riparte la leva obbligatoria. In Italia è stata congelata dal 2005, ma mai abolita. Forse anche per questo gli Italiani non vedono l’ora che quella roba finisca presto. Ma per stroncare una guerra bisogna avere le idee chiare: sostenere con decisione chi sta dalla parte della ragione, o perlomeno da una buona parte della ragione e isolare tentazioni e rigurgiti nazionalisti ed espansionistici sempre più minacciosi, di questi tempi.
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