Europa gabellata

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Di Cesare Raviolo

Dopo l’accordo Usa-Ue sui dazi, giocare sul doppio senso del vocabolo “gabellare” è troppo facile, anche se questo salto nel Medioevo per recuperare le “gabelle” è tutt’altro che un gioco. Oggi è molto probabile che anche il più convinto europeista cominci a ricredersi su un’Unione Europea così com’è attualmente strutturata. Il risultato del summit in terra scozzese è stato un 6-0 / 6-0 a favore proprio di Donald Trump, con Ursula von der Leyen ridotta – per continuare la metafora ten- nistica – al ruolo di sparring partner. Il presidente Usa ha imposto e l’Unione Europea ha accettato un dazio del 15% su tutti i prodotti a eccezione di acciaio e alluminio, che saranno tassati al 50%, e dei dazi sui medicinali, che saranno definiti nelle prossime settimane. Non solo, l’Ue si è impegnata ad acquistare prodotti energetici made in Usa per 750 miliardi di dollari, a effettuare investimenti nello Stato nordamericano per altri 600 miliardi, ad acquistare armamenti per una cifra ancora da definire ma che, con ogni probabilità, si aggirerà intorno a 400 miliardi di dollari. Inoltre, secondo quanto dichiarato da Trump, Bruxelles si sarebbe impegnata ad aprire i mercati dei Paesi europei ai prodotti Usa “senza dazi”. La debolezza politica dell’Unione avrà conseguenze economiche di rilievo. L’aumento dei dazi sulle esportazioni europee negli Usa che, in precedenza, erano mediamente del 4,8%, influirà negativamente sui consumatori americani costretti a pagare di più i beni importati il cui prezzo risentirà negativamente anche del deprezzamento del dollaro rispetto all’euro (-13% da gennaio) e a destinare una quota maggiore del loro reddito all’acquisto di prodotti europei. Conseguenze ugualmente negative subiranno le imprese europee che sconteranno un calo delle vendite negli USA, con inevitabili ripercussioni sui livelli produttivi e occupazionali. Considerando esclusivamente le possibili conseguenze per l’Italia, il Pil rallenterebbe nel 2025 di quasi lo 0,2% (ipotesi Ispi), mentre l’export perderebbe almeno 20 miliardi di euro e i posti di lavoro a rischio sarebbero circa 118 mila (stime Confindustria). Dunque, come tutte le guerre, anche quelle commerciali si vincono o si perdono, ma, in entrambi i casi, fanno danni. Gran parte degli studi economici concordano nel ritenere che mercantilismo e protezionismo abbiano già dimostrato la loro inadeguatezza: i dazi generano effetti negativi e oggi più che mai, stante il carattere globale e altamente integrato delle filiere produttive.

raviolocesare [at] gmail.com

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