E tu come mangi il gelato?

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di Patrizia Ferrando

Il gelato rivendica gloriosa esistenza anche svincolato dall’estate, ma i suoi amanti non saprebbero immaginare la bella stagione senza coni e coppette.

Quando il caldo avanza, è raro vedere qualcuno che resista alla tentazione rappresentata dalle gelaterie.

Ogni cibo, però, ha regole che riguardano il suo consumo, racchiuse in quello che potremmo definire un vademecum di oneste maniere del peccato di gola. Il gelato da passeggio s’impose a inizio Novecento e fu subito una tendenza trasversale per età, ceto, possibilità economiche e, in un certo qual modo, a basso impatto ambientale.

Non tutti sanno, comunque, che uno dei prodotti per cui esistono consigli piuttosto precisi a cui attenersi è proprio l’informale e rilassato gelato. Nonostante sia un cibo semplice, che spesso viene consumato in strada, è caratterizzato da suoi dettami. Anzi: la sua “personalità multiforme” imprime, forse, occasione in più sui modi in cui il cibo diviene modo di stare insieme.

Si distinguono due tipi di regole in materia di gelato: per chi lo serve e per chi lo mangia.

Chi lo serve, a fine pasto, per merenda o in un pomeriggio assolato in terrazza, deve prestare alcune attenzioni.

Il cucchiaino per il gelato è quello a forma di paletta, facile da distinguere.

Non troverà posto nell’apparecchiatura nel corso dei pranzi, verrà sistemato sul piattino su cui posa la coppetta con cui viene servito.

Vengono consigliate coppette di acciaio che meglio tengono il freddo, ma possono essere utilizzate anche le classiche coppe in vetro. Sarebbe meglio che fossero ad alzata, in quanto questo permetterebbe di tenere lo stelo, se necessario, evitando lo scioglimento rapidissimo del gelato dovuto al calore della mano.

A fine pasto il gelato deve essere servito dopo il formaggio e prima della frutta. All’aperto è possibile dar sfogo alla fantasia usando bicchieri colorati in vetro, tazzine da caffè, coppette di biscotto o cestini di cialda fino ad arrivare al tradizionale cono (senza dimenticare che il cono deve essere avvolto in un tovagliolino per non essere maneggiato direttamente con le dita).

Chi lo mangia, magari durante un giro in centro o al mare, deve rispondere subito a una domanda.

Coppetta o cono?

La prima regola per entrambi è quella di munirsi (come sopra) di tovagliolini, per proteggersi le mani (e i vestiti) dalla malandrina goccia che nove volte su dieci cadrà da un gusto coloratissimo, sul capo più chiaro che indossiamo.

Partiamo da un’ovvietà: la coppetta va bene per qualsiasi “principiante”, è il cono quello difficile da affrontare… potrebbe apparire incompatibile col bon ton? La risposta, mi permetto di scrivere, nella prossima puntata.

patrizia.marta.ferrando@gmail.com

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