Dopo dieci anni il Classico raddoppia

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A settembre saranno due le sezioni all’“Amaldi”. Lucina Alice: «Ecco i motivi del rilancio»

NOVI LIGURE – Per il nuovo anno scolastico 2020/2021, dopo quasi un decennio, torneranno a esserci due sezioni del Classico al liceo “Edoardo Amaldi”.

La notizia è stata accolta con grande compiacimento dalla scuola e dal dirigente, Michele Maranzana, che conferma il valore formativo attribuito agli studi classici nel Novese.

Abbiamo chiesto alla professoressa Lucina Alice (nella foto), insegnante di Lettere classiche e fiduciaria della sede di viale Saffi del liceo, cosa pensa di questo traguardo.

Professoressa lei è contenta del risultato raggiunto?

«”L’esito delle azioni degli uomini, è nelle mani degli dei” ammonisce Demostene, ma le scelte che compiamo per giungere a quegli esiti sono tutte nelle nostre mani. Ci sono, però, alcune particolari congiunture in cui progetti terreni e celesti finiscono per coincidere. Ci piace pensare per la loro innegabile bontà e lungimiranza».

Si tratta solo di una congiuntura?

«Certo che no. Questo era nei nostri desideri, da subito e da sempre. A muoverci non è una questione di prestigio (che certo non ci dispiace), né tanto meno di numeri (che comunque non sono irrilevanti nell’economia di un istituto), ma una fede autentica e profonda, ostinata anche, nella attualità del Classico».

Si spieghi meglio…

«Per “attualità” non intendo banalmente la “spendibilità” nel mondo contemporaneo: questo sarebbe l’ennesimo cedimento alla dittatura dell’“utile”, alla quale più nessuno oggi sembra né capace né desideroso di sottrarsi. La modernità dello studio di lingue antiche sta tutta nel misurarsi quotidianamente con la malinconia del traduttore, con la nostalgia di un desiderio inappagato, con la frustrazione, che nasce dalla perenne tensione verso qualcosa di irrimediabilmente lontano e quindi irraggiungibile.
Chi si scontra con la consapevolezza che, come insegna Virginia Woolf, è vano e sciocco dire di sapere il greco (e il latino), matura però un possesso perenne: la capacità di comprendere. Edgar Morin ci spiega che cosa veramente questa parola significa: “Comprendere è comprendere le moti-vazioni, situare nel contesto e nel complesso. Comprendere non è spiegare tutto. La conoscenza complessa riconosce sempre un residuo inesplicabile. Comprendere non è comprendere tutto, è anche riconoscere che c’è dell’incomprensibile”. E questo vale molto, se non tutto, non solo sul piano conoscitivo, perché si traduce anche in un continuo desiderio di apprendere; ma ha anche delle importanti conseguenze sul piano etico: “La comprensione ci conduce all’attitudine al perdono e alla magnanimità”, al riconoscimento della qualità umana che sta nell’altro da noi, al di là delle sue parole e azioni».

In tutto questo che ruolo gioca il Classico?

«È, appunto, il luogo dove, con l’insegnamento delle lingue classiche, si educa al comprendere e all’incertezza. L’educazione all’incertezza, dunque, e alle reciproche comprensioni sembra essere ciò di cui, da sempre, gli uomini, che vogliono fare il mestiere di uomini, hanno avuto e continuano ad avere bisogno, come la nostra dolorosa storia più recente sembra averci ancora una volta insegnato».

Lei attribuisce il merito del recente risultato anche a qualche scelta del liceo?

«In tutto questo naturalmente hanno giocato un ruolo fondamentale l’unità di intenti e la condivisione dei gesti che hanno contraddistinto l’“Amaldi”. I grandi risultati non possono che essere il frutto di un lavoro di squadra, che sa, come dice il nome, “fare quadrato” intorno a ciò che vuole difendere, per portarlo nel mondo e al mondo».

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