Beato Michele Rua

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San Giovanni Bosco quando incontrò per la prima volta il beato Michele Rua, guardandolo negli occhi, intuì qualcosa di speciale e porgendogli la mano, come era solito fare con i ragazzi, gli disse «Noi due faremo tutto a metà». E così avvenne perché don Rua fu il suo primo successore. Beatificato da Paolo VI il 29 ottobre 1972, la Chiesa lo ricorda il 6 aprile, suo dies natalis.

Michele Rua nacque a Torino il 9 giugno 1837, nel popolare quartiere di Borgo Dora dove, il padre lavorava nell’arsenale.

Rimase presto orfano e con il fratello frequentò la scuola dei Fratelli delle Scuole Cristiane, chiamati nel borgo, anni prima, dal Marchese Tancredi di Barolo per istruire i bambini del popolo. Tra i banchi di scuola ci fu l’incontro con don Bosco che gli chiese cosa avrebbe fatto l’anno successivo. Lui rispose che, essendo orfano, in fabbrica gli avrebbero dato un lavoro. Allora il santo convinse la madre a fargli proseguire gli studi e il beato entrò come convittore a Valdocco. Intanto nacque nel suo cuore la vocazione sacerdotale e il 3 ottobre 1852 ricevette da don Bosco l’abito clericale ai Becchi di Castelnuovo. Il 26 gennaio 1854, il santo radunò nella sua camera quattro giovani e diede vita alla Congregazione salesiana.

Uno dei quattro era proprio il beato. Il 18 dicembre 1859, giorno in cui la Congregazione fu riconosciuta ufficialmente dal Papa, don Rua, fu eletto direttore spirituale. Il 28 luglio 1860 fu ordinato sacerdote.

Tre anni dopo fu mandato ad aprire la prima casa salesiana fuori Torino: un piccolo seminario a Mirabello Monferrato.

Vi stette due anni e tornò in città, a Valdocco, mentre si costruiva la basilica di Maria Ausiliatrice. Don Rua divenne il riferimento di molteplici attività. Lavorava senza sosta e nel luglio 1868 sfiorò persino la morte a causa di una peritonite.

Dato per moribondo dai medici, si racconta che guarì per intercessione delle preghiere del suo amico sacerdote. Nel 1884 il Papa suggerì a don Bosco di pensare a un successore e don Rua, il 7 novembre dello stesso anno, fu nominato dal pontefice vicario con diritto di successione. Fu un missionario instancabile e visitò le case della congregazione sparse per il mondo. Nelle scuole introdusse corsi professionali, organizzò ostelli e circoli sociali.

Con lui la Società passò da 773 a 4000 salesiani e da 57 a 345 Case. Gli anni e le fatiche affrontate furono la causa della malattia che lo portò alla morte nella notte tra il 5 e il 6 aprile 1910. La sua tomba è ora venerata nella cripta della basilica di Maria Ausiliatrice in Torino.

Daniela Catalano

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