Babbo anticipatorio
Di Silvia Malaspina
Caro Babbo Natale, è la prima volta che ti scrivo: appartengo alla generazione di coloro che inviavano le missive per richiedere i doni a Gesù Bambino e che il 6 gennaio non aspettavano la Befana, bensì i Re Magi. Caro Babbo, sono certa che tu sia in viaggio già da settimane dalla Lapponia: vedo che ovunque il Natale è arrivato dagli inizi di novembre. Anno dopo anno, l’avvio dei preparativi si anticipa sempre più: negozi, balconi, vie, ospitano luci e decorazioni appena terminata la festa dei Santi e dei Morti, mentre, nei supermercati, il tripudio dei dolci natalizi incalza dalla fine di ottobre. Ora siamo in Avvento, il clima natalizio è entrato, a ragione, nel clou, ma la corsa all’anticipo non si frena: mentre facevo la spesa, ho adocchiato, dietro a una piramide di panettoni, le prime “chiacchiere” di Carnevale! Mi chiedo quindi, caro Babbo, il motivo di tutta questa smania di precorrere i tempi, che ci proietta in una dimensione dove il domani non esiste poiché tutto è concentrato in un eterno presente, quasi temessimo di pensare al futuro. Dove è finita quella che Eugenio Montale definiva: “in attendere è gioia più compita”? È evidente come questa incalzante anticipazione del clima natalizio sia legata a motivazioni economiche e commerciali, ma non vorrei che si arrivasse al paradosso del Venezuela, dove il presidente Nicolas Maduro ha decretato l’inizio del Natale al 1 novembre, all’insegna del «Facciamo festa. Felicità e rumba permanente» e ha bacchettato i «ragazzi in tonaca», cioè i vescovi, che hanno stigmatizzato il gesto. Ti confesso, caro Babbo, che, sopraffatta dall’atmosfera del “bianco Natale”, che non è bianco ma multicolore a causa del perdurare del foliage autunnale, rischio di arrivare al 25 dicembre satura di stereotipi finto buonisti, tra i quali i temibili: «Se non ci vediamo prima di Natale, auguri!», oppure, ancora peggio: «Lasciamo passare Natale e poi ci vediamo» (inutile ribattere: «Se non ci vediamo in tutto il corso dell’anno, perché dovremmo vederci prima o dopo Natale?»). Mi sono quindi ripromessa di ritagliarmi qualche ora di totale isolamento per disintossicarmi da questa pressione a essere gioiosi, esuberanti, spumeggianti: mi accenderò una candela profumata, mi berrò una tisana alla cannella e guarderò in silenzio lo spazio vuoto nella mangiatoia all’interno del presepe, chiedendo a Gesù Bambino doni più eterei e importanti di quando imploravo la Barbie Hawaii. Per quanto riguarda te, caro Babbo, concludo pregandoti di procedere a rilento con la tua slitta: di questo passo, tra pochi anni, ti vedremo arrivare a ferragosto!
silviamalaspina@libero.it