A 7 anni sono meglio di noi
Di Davide Bianchi
Abbiamo una nuova alunna, ve ne parlerò dettagliatamente forse nel prossimo numero, per ora mi soffermo su un evento accaduto qualche giorno fa in merito a questo inserimento. Ho presentato io alla classe la nuova arrivata; L., la mia collega, era impegnata in compagnia dei genitori della bambina a sbrigare alcune pratiche burocratiche e amministrative in segreteria. La mia è stata una presentazione rapida, anche perché la nuova alunna mi sembrava serena, a suo agio e sicura di sé. Terminati i convenevoli, l’ho invitata a prendere posto al proprio banco e abbiamo iniziato tutti a lavorare a ritmi serrati. Abbiamo fatto le nostre attività di matematica per un paio d’ore, poi a qualche minuto dal suono della campanella che decreta l’inizio dell’intervallo, riflettevo tra me che forse sarebbe stato opportuno domandare a qualche altra mia alunna di sedersi accanto alla nuova compagna durante la pausa per fare conoscenza, mangiare insieme, chiacchierare, e così via. Un pensiero normale, da persona adulta che prova empaticamente a mettersi nei panni di una bambina di sette anni catapultata di punto in bianco in un contesto totalmente nuovo, senza conoscere nessuno e dovendosi districare con un metodo di lavoro completamente diverso. Insomma, pensavo a quello che poteva essere il suo senso di estraneità e smarrimento in tale circostanza e, nello stesso tempo, alla possibilità che avendo a che fare con una compagna nuova, i miei alunni inizialmente potessero magari rapportarsi a lei con freddezza o in maniera timida e diffidente. Ho ragionato quindi sull’idea di incentivare un paio di ragazzine a fare un piccolo sforzo e mangiare insieme a lei durante l’intervallo. Con mia grande sorpresa, al suono della campanella, ancor prima di fare o dire qualcosa, noto E. – un’adorabile, loquace e socievolissima bambina dai capelli castani e dagli occhi furbi – scattare fulminea, merenda e succo di frutta alla mano, in direzione del banco della nuova compagna, trascinare la prima sedia, situata nel suo raggio d’azione, accanto alla sua, e iniziare una conversazione che ha già il sapore di una nuova amicizia. Io non ho dovuto fare o dire nulla. Hanno fatto e detto tutto loro. Sono ancora capaci di stupirmi, queste persone di sette, quasi otto anni, dimostrando, a loro modo, una maturità e una intelligenza emotiva e sociale, che noi adulti abbiamo bisogno sovente di andare a recuperare dietro mura che noi stessi erigiamo, vuoi per vergogna, vuoi per diffidenza o cinismo.
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