Se neo ha qualche neo
Di Silvia Malaspina
Caro il mio Bernt Børnich, Ceo della società californiana 1X, specializzata in intelligenza artificiale, nei giorni scorsi hai presentato Neo, un robot umanoide. Non hai precisato se il nome sia ispirato dal protagonista della saga cinematografica Matrix, ma ciò che lo caratterizza è più consono alla fantasia che alla realtà. Neo è stato programmato per svolgere mansioni casalinghe, la sua struttura è abbastanza leggera e, al posto degli ingranaggi pesanti tipici dei robot industriali, utilizza motori che muovono tendini sintetici, per imitare i muscoli umani. Dal 4 novembre chiunque può candidarsi al programma per i primi utilizzatori ed effettuare un preordine, sborsando 20.000 dollari, con consegna prevista nel 2026. Ma non è tutto oro ciò che luccica, caro Bernt: come tu stesso hai dichiarato al Wall Street Journal, Neo non è ancora pronto per gestire tutte le situazioni domestiche in autonomia. «Per migliorare, abbiamo bisogno dei dati degli utenti» – hai dichiarato. Ciò significa che chi acquisterà il robot dovrà accettare che un operatore umano da remoto possa accedere alla visione delle telecamere integrate. Inoltre per compiti più complessi, cucinare, riordinare o interagire con l’ambiente in modo naturale, dovrà imparare osservando e replicando il comportamento umano, sotto la supervisione dei tecnici di 1X. Quindi, caro Bernt, è escluso che per il momento Neo possa accogliere i suoi coinquilini umani imitando il modello televisivo delle casalinghe americane anni ’50, azzimate e sorridenti, che porgono un bicchiere di Martini al marito rientrato dal lavoro. Devo confessarti che l’esistenza di Neo mi inquieta: trovo assurdo che stiamo avvicinandoci alla presenza di un robot domestico efficiente, che condivida la nostra quotidianità. Oggi molti aspetti della vita sono dominati dall’intelligenza artificiale: nelle case si installa la domotica, le funzioni delle auto si attivano con i comandi vocali, gli ospedali usufruiscono della robotica per interventi chirurgici complessi. Quindi, caro Bernt, mi sembrerebbe opportuno che noi umani ci riservassimo attività nelle quali potessimo essere insostituibili, onde evitare la paralisi delle funzioni cerebrali e ritrovarci noi stessi automi. Avrei però una richiesta da sottoporti: potresti suggerire ai pro- grammatori di Neo di inserire una funzione in grado di recuperare il calzino spaiato che inesorabilmente viene risucchiato dal buco nero all’interno del cestello della lavatrice?
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