Che barba, che noia!

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Di Silvia Malaspina

Cari i miei signori uomini, mi rivolgo a una categoria particolare di voi, coloro che amano incorniciare i propri volti con la barba e che, per comodità e senza intento denigratorio, abbrevierò in “barbuti”. Durante la mia recentissima vacanza balneare nel Sud Italia, trovandomi immersa in un piacevolissimo otium, ho avuto modo di osservare non solo lo splendido scenario naturale, ma anche la diversa e poliedrica umanità che lo popolava. Ho potuto così prestare attenzione a un fenomeno che, riflettendo a posteriori, è riscontrabile anche nei nostri comuni ambienti quotidiani, ma sul quale non mi sono mai soffer- mata: l’aumento esponenziale di voi uomini di variegate età che portate in giro baldanzosi barbe di ogni genere e fattura. Cari barbuti, siete molto variopinti: dal diciottenne che si sforza di farsi crescere una barba degna di questo nome, ma in realtà si trova dotato di una lanugine da cucciolo di Labrador, al quarantenne che si crogiola di una cornice pelosa fitta e impreziosita da qualche filo grigio, al signore over che sfoggia un corredo così fitto e bianco da farlo assomigliare all’abate Faria. Quindi mi sono chiesta quale sia la motivazione sottesa a una tale epidemica diffusione. Forse è solo una questione legata alla moda? Molte celebrities hanno rinnegato da anni il volto glabro, ma voi dovreste fare un po’ di sana autocritica: se una barba chiara o brizzolata dona ai visi magri e un po’ scavati quella apparenza tipica del fototipo mediterraneo, che magari sovrasta pure un fisico possente, da vicino rende molto l’idea di Ursus spelaeus. In questo caso, se la somiglianza con Marco Mengoni resta un’utopia, forse sarebbe utile riprendere confidenza con il rasoio. Per di più alle barbe scure e folte spesso si aggiunge la presenza di molti tatuaggi su buona parte della superficie corporea, creando un binomio da buttafuori di discoteca che sarebbe consigliabile riservare a tale categoria professionale. Vorrei, cari barbuti, rendervi partecipi di una scena cui ho assistito e che potrebbe servirvi da ammonimento: uno dei vostri adepti si prodigava a ninnare amorevolmente, passeggiando sul bagnasciuga, un neonato di poche setti- mane. Il frugoletto non solo non ne voleva sapere di addormentarsi, ma dava sfogo a tutta la propria capacità polmonare: non sarà che fosse terrorizzato dall’essere collocato tra i bicipiti nerboruti e tatuati di un marcantonio iperbarbuto? Forse aveva ragione la compianta Sandra Mondaini che, pur citandola in senso figurato, terminava i propri esilaranti sketch con la classica frase: «Che barba, che noia!».

silviamalaspina [at] libero.it

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