Operatori di bene al di là del lucro

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Una riflessione sul rapporto tra gli enti nonprofit chiamati ad affrontare sfide sempre più complesse e le regole che stentano a rincorrere la realtà

Di Luigi Maruzzi

Una volta Papa Francesco disse: «La Chiesa non è una ONG». Sono convinto che lo fece nonostante conoscesse benissimo le (meritevoli) attività svolte dalle organizzazioni non governative in America Latina. Il suo intento, in realtà, era quello di sottolineare l’universalità e la ricchezza del messaggio evangelico. Che gli organismi a scopo umanitario (tra cui anche le ONG) occupino un posto primario nel cuore della Chiesa, è testimoniato da innumerevoli manifestazioni e a diversi livelli. Da tecnico, posso ricordare che esistono ONG che apertamente si ispirano agli ideali cattolici; da lettore e collaboratore del Popolo, non posso fare a meno di notare quanto spazio venga riservato al mondo dell’associazionismo, del volontariato e della filantropia. Sono tuttavia tantissimi coloro che associano le ONG soltanto al braccio di ferro ingaggiato nel 2019 dal Ministro dell’Interno allora in carica con la nave della Ong spagnola Open Arms. Spero perciò che nessuno si stupisca della mia scelta di accostare le ONG ad altre variegate forme organizzative per parlare di come si sia evoluto il cosiddetto Terzo Settore. In entrambi i casi possiamo individuare la presenza di elementi fortemente distintivi, quali la voglia di conoscersi per mettere insieme tutte le risorse disponibili; la determinazione a riconoscersi attorno a un nucleo di valori fondanti; la disponibilità a farsi riconoscere anche in sede pubblica. Potrebbe quindi essere utile ricostruire il percorso che ha portato allo scenario attuale, soffermandoci brevemente sulla c.d. Riforma del Terzo Settore. Si tratta di un complesso di novità introdotte nel 2016, con cui il legislatore ha inteso dare una sorta di “casa comune” a tutte le forme con cui nel periodo 1991-2006 erano state strutturate “le opere di bene”. Appena pubblicata, la legge delega non mancò di suscitare l’estremo interesse di tecnici, studiosi, finanziatori e operatori protagonisti, rendendo evidente la storicità del cambiamento sancito coi pochi articoli. Tutti noi che avevamo partecipato direttamente alla felice parentesi dell’Agenzia del Terzo Settore (2002-2012), sembravamo presi da una specie di febbre che, per così dire, mantenne alta la temperatura per diversi anni. Poi, purtroppo, subentrò un sentimento di sfiducia dovuto perlopiù al lungo periodo di “incubazione” della riforma stessa; basti pensare che l’approvazione dei decreti si è estesa dal 2017 al 2022. Fino a quando (e siamo ai giorni nostri) lo Stato italiano non ha deciso di interpellare formalmente la Commissione Europea per sbloccare (fra l’altro) il regime fiscale previsto dalla riforma. Il 7 marzo di quest’anno è finalmente pervenuta una risposta curata dalla DG Concorrenza (classificata come “Comfort letter”), che fa ben sperare sul completamento dell’ultimo tassello riguardante gli enti con qualifica di Onlus (le organizzazioni non lucrative di utilità sociale). Ora anche le Onlus sono tenute a scegliere tra diventare ETS oppure conservare la propria natura di semplici enti nonprofit disciplinati dal Codice Civile. Oggi possiamo, dunque, parlare di un’unica grande categoria di soggetti, gli Enti di Terzo Settore (ETS), che senza appiattire la ricchezza delle esperienze pregresse, appare dotata degli strumenti normativi e fiscali necessari per configurare un trattamento omogeneo di tutte le fattispecie. Va poi ricordato che un altro scopo della Riforma è stato quello di riunificare tutti gli elenchi che rappresentavano in modo estremamente frammentario l’anagrafe pubblica degli enti nonprofit, mediante l’attivazione del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (Runts). Ritengo, infine, sia degna di divulgazione la decisione dell’Istat di alimentare statistiche ufficiali in grado di fotografare e misurare permanentemente le dimensioni quantitati- ve e qualitative del Terzo Settore. È, infatti, in corso il Censimento delle istituzioni nonprofit, una rilevazione focalizzata su un campione di circa 60.000 enti (sui 360.000 tota- lizzati a fine 2022), che dovranno rispondere a un apposito questionario. Le domande di questa terza edizione mirano a raccogliere indicatori importanti che vanno dall’assetto istituzionale ai processi di innovazione sociale. Non so se Francesco II (approfitto dell’articolo per esprimere la mia preferenza sul nome del prossimo Papa) avrà modo di parlare degli ETS durante una delle prime udienze generali. In ogni caso, mi auguro che il completamento della Riforma ideata per il Terzo Settore possa presto produrre benefici in favore dei fruitori dei servizi offerti dagli ETS, specialmente se ultimi, emarginati e vittime di nuove disuguaglianze, gli stessi che amava Bergoglio.

luigiginomaruzzi [at] gmail.com

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