Politically correct o censura?

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di Silvia Malaspina e Carolina Mangiarotti

Ha suscitato molto scalpore la recente decisione dell’editore britannico Puffin di eliminare dai libri dello scrittore Roald Dahl alcune parole giudicate troppo politically scorrect. Nelle edizioni inglesi di La fabbrica di cioccolato, Matilde e Le Streghe, celeberrime opere per l’infanzia, non si troveranno più termini come “grasso”, “brutto”, “pazzo”, sostituiti con circonlocuzioni o addirittura eliminati. Secondo la casa editrice, i testi sono stati riscritti per garantire che i libri di Dahl possano continuare a essere apprezzati da tutti, nel rispetto della poliedricità degli individui. E non finisce qui: analogo repulisti è stato operato rispetto al genere, optando per termini neutri. Per esempio, “madri e padri” sono diventati “genitori” mentre i “Cloud-Men” citati nel volume James e la pesca gigante sono diventati “Cloud-People”.

Siamo rimaste stranite difronte a questa iniziativa: «Non ti sembra un po’ esagerato sostituire termini inseriti da uno scrittore per promuovere l’inclusività? Qui si tratta di personaggi di fantasia: è evidente che, se per descrivere una persona reale, dico “è brutta”, suona offensivo, per cui sarebbe meglio dire “non è un gran che” o, meglio ancora, “a me non piace”, ma qui siamo nel mondo immaginario. Mi pare una bizzaria del tutto inutile.» «Io non riesco a vedere il problema: nei libri per bambini ci sono sempre state descrizioni articolate di personaggi deformi, crudeli, malvagi o, per contro, leggiadri, gentili, aggraziati, generosi. È il buon vecchio schema della contrapposizione di due o più forze, che vogliono prevalere le une sulle altre. Ci hanno e vi hanno insegnato che in letteratura, come anche in tutti gli altri ambiti della finzione, tali forze si chiamano “protagonista” e “antagonista”. Il protagonista rappresenta valori positivi: la giustizia, la libertà, l’amore, ed è generalmente di bell’aspetto, mentre l’antagonista di solito incarna caratteristiche contrarie e il suo aspetto le rispecchia.»

«Secondo me i bambini non si sarebbero mai chiesti se queste parole potessero risultare offensive: così si va a insinuare il tarlo del dubbio e si rischia di esagerare con il voler essere corretti a tutti i costi, il che mi sembra una forzatura. Di questo passo la strega della favola di Biancaneve sarà descritta come una non ben identificata creatura che vendeva mele per devolvere il ricavato in beneficenza!»

«Direi che siamo vicini al pericolosissimo baratro della censura e, purtroppo, una volta dato il via, risulterà difficile fermarsi, perciò si rischia di voler passare ogni affermazione sotto la lente d’ingrandimento di una presunta correttezza. A me la diversità piace e non reputo sia offensivo sottolinearla: va bene l’inclusività, ma non il livellamento!»

silviamalaspina@libero.it

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