Voglio fare Chiara Ferragni

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È ripartito su Rai 2 il docu-reality Il collegio: da cinque stagioni si sono alternati gruppi di adolescenti che, ospiti in un collegio, hanno dovuto abbandonare lo stile di vita contemporaneo per adeguarsi a un rigido protocollo disciplinare e a rigorosi programmi didattici.

Il singolare esperimento incuriosisce la ragazza, che segue le puntate commentando in diretta via chat con alcuni compagni di scuola. Per la visione di altri reality ho posto un drastico e inappellabile veto in stile censura del Ventennio, ma a questo mi associo spesso da spettatrice, soprattutto dopo aver riso fino alle lacrime per la messa in onda di un’ardita traduzione di “pulcra puella” divenuta “una ragazza che è una gran bella pulcra”. Gli adolescenti si divertono ad assistere all’elaborazione di simili strafalcioni: osservare l’impreparazione scolastica altrui innalza la loro autostima: gli sceneggiatori del programma cavalcano quest’onda, riscuotendo alti indici di share e strappando anche agli adulti una risata, che di questi tempi non può che sortire effetti positivi.

Nel corso della prima puntata è però accaduto un fatto che ci ha fatto riflettere: i ragazzi dovevano presentarsi e rispondere alle domande degli insegnanti: una fanciulla, alla sollecitazione «che cosa vorresti fare da grande?» ha senza indugio alcuno risposto: «Voglio fare Chiara Ferragni, essere bellissima e occuparmi solo di moda». La figliola ed io ci siamo simultaneamente guardate: il suo commento è stato istantaneo: «Quella lì vuole fare la Ferragni? Punto primo è brutta come la fame e punto secondo pare anche ignorante! Ma non lo sa che la Ferragni si è laureata alla Bocconi, parla 3 lingue e ogni sua mossa si basa su strategie di marketing?».

Io sono rimasta allibita: ricordo gli anni in cui i maschietti da grandi volevano fare “il calciatore con la velina”, alludendo a una serie di love stories sbocciate tra assi del pallone e prorompenti showgirls, ma era una classica battuta da spogliatoio. Udire che una ragazza aspira a vivere solo per l’immagine, prendendo per oro colato tutto ciò che una mente lungimirante codifica al solo fine di incrementare le proprie finanze, mi stupisce e mi rattrista. Non posso fare a meno di chiedermi se noi adulti non abbiamo un concorso di colpa in tutto questo: perché abbiamo permesso che le adolescenti arrivassero a mitizzare una donna non in quanto abile e preparata imprenditrice, ma solo per il fatto di essere bella, bionda, ricchissima e corteggiata dagli stilisti? Lancio il sasso: «Tu vorresti fare la Ferragni?», risposta immediata: «Ma no! Certo il suo attico a Milano nel quartiere City Life, con Jacuzzi sul terrazzo, non mi dispiacerebbe: io però ci vorrei abitare con uno un po’ più bello di Fedez!».

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