«Quando scrivo, assaggio l’uva»

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Anna Vercesi compone poesie per dimorare tra le vigne sulle quali maturano le parole e per ritornare alla sua terra: Montù Beccaria.
E come la sua nonna, cari lettori, vi aspetta qui

La passione per la scrittura di Anna Vercesi nasce praticamente con lei, da quando, per la prima volta, impara a tenere la penna in mano.

Viene al mondo a Milano, ma è un’oltrepadana doc, con le radici ben piantate in quel di Montù Beccaria. Insegnante di scuola primaria, coltiva fin da piccola l’amore per le parole belle e per le cose belle, ed è autrice di pubblicazioni che hanno riscosso il consenso del pubblico e della critica.

«A scuola – racconta – ero interessata, stimolata dalle mie maestre suorine che hanno sempre dato molta importanza alle belle parole e ricordo che avevo un quaderno per i pensieri tutto mio, di cui ero gelosa, con il quale esercitavo la mente e le parole stesse giocavano con me. Disegnavo anche, ma soprattutto scrivevo, anche sugli spazi bianchi dei giornali e quel vizio mi è rimasto anche oggi. Era un gioco che mi piaceva. L’esercizio della scrittura era per me un’attività spontanea, quasi vitale, era la mia forma espressiva preferita oltre che il mio passatempo».

Una passione che nel corso degli anni ha cercato di trasmettere anche ai suoi studenti: «Ho iniziato la mia carriera lavorativa come insegnante elementare e anche ai miei alunni ho consegnato un quaderno sul quale annotare ogni giorno un pensiero libero. Dicevo loro: il tuo pensiero scritto è solo tuo, metti le ali e arriva dove vuoi!».

Il gusto per la scrittura in versi prende sempre più forza e diventa sempre più il lievito della vita. «Ho iniziato quindi da giovanissima a scrivere dei racconti – continua – ma presto mi sono accorta che la poesia era la mia espressione più immediata, che meglio si addiceva al mio carattere. Scrivevo con passione, su fogli sparsi o su semplici agende, che ho quasi tutte conservate ed ancor oggi mi capita di trovare fogli vergati in fretta finiti chissà come nei luoghi più impensabili! La poesia è per me una voce che esce spontanea dal cuore e dall’anima, non è quasi mai il prodotto di una meditazione, è qualcosa che spinge naturalmente per uscir fuori. E così tratto l’amore, il disamore, l’incanto, il disincanto, l’assenza, la presenza, il desiderio, l’abbandono, le cose lasciate, le cose perse e le cose ritrovate e quasi sempre un velo di malinconia aleggia sui miei  versi».

Una poesia, quella di Anna, in cui il lettore riesce a ritrovare se stesso.

Dicevamo dell’importanza delle radici, della propria storia. «Per comprendere appieno il mio amore per la scrittura – spiega la Vercesi – bisogna tornare alle mie origini. La mia famiglia di agricoltori nasce a Montù  Beccaria, un paese affacciato sulla Val Versa: tutti i Vercesi provengono da qui. Pur abitando a Milano, sin da piccola venivo a Montù dalla nonna per trascorrere l’estate e ancora oggi mi ritengo montuese perché tanti affetti sono rimasti là, come le amiche del cuore e i primi fidanzatini. Ricordo ancora quelle estati, le gite in bicicletta, le corse in motorino e i filari di viti avvampati dal caldo sole».

Ricordi di tempi e persone che hanno il tono della malinconia buona e grata e che ancora danno il senso al presente. Nel cuore la figura della nonna che «scriveva per chi non lo sapeva fare. Le dicevano: “Dai Erminia, scrivi una lettera per me, mi so no bona!”. Leggeva con scioltezza la Bibbia, il Vangelo, la Divina Commedia, i Promessi Sposi, e poi Liala, con i primi romanzi rosa che entravano nelle case degli italiani. Leggeva soprattutto in inverno, intorno al fuoco, per i suoi figli e per chi voleva ascoltare. Era una donna, mamma, balia, chioccia e ha trasmesso a mio padre, il più ricettivo dei fratelli, quest’amore e lui, imbarcato sulla Corazzata Roma, scriveva a sua volta lettere d’amore per le fidanzate dei suoi compagni in Marina».

«Anche dai paesaggi collinari – prosegue – e dalle splendide vedute traggo l’ispirazione per trasporre in poesia ciò che provo: l’amore per la mia terra mi è stato passato nel sangue! Le mie poesie sono spesso lampi istintivi, intessute nei ricordi e negli affetti indelebili e intoccabili».

Seguendo il consiglio datole dal papà, Anna Vercesi ha anche pubblicato raccolte di sue poesie: «Mio padre, che ho tanto amato, mi aveva più volte suggerito di raccogliere i miei scritti allo scopo di procedere, un giorno, alla pubblicazione, ma io mi schermivo, sorridevo e non ci pensavo più. Poi, qualche anno fa, il momento giusto è arrivato. Dopo la scomparsa di mio padre mi sono decisa e ho dato alle stampe la mia prima raccolta. Per me è stato quasi un parto, una catarsi. Il titolo l’avevo impresso in mente già da tempo: Forse non son io».

Ed è stato il primo anello di una catena. «Mi sono sentita così soddisfatta – confida la poetessa – che ci ho preso gusto pubblicando in seguito anche altre raccolte. Trasparendo, Mi t’aspet chi (come disse la nonna al momento del congedo da mio padre che andava ad arruolarsi in Marina), Ellittica/mente e l’ultima Ca del vent, un luogo immaginario, ove il cuore può giungere per sentirsi bene, a casa. Ricordo ancora il primo reading organizzato al teatro “Dardano” di Montù  Beccaria, una domenica pomeriggio per me emozionante con tanta gente, le mie poesie lette dai miei alunni, dalle maestre di Montù, dai miei più cari amici. Sentivo il loro calore umano sul mio viso».

L’autrice ha inoltre partecipato ad alcuni eventi poetici, ottenendo un bel terzo posto al concorso annuale “L’oro di Zavattarello”, indetto dai produttori locali di miele per la salvaguardia dell’apicoltura, come pure ad  alcuni incontri a “Casa Merini”, nella Milano dei Navigli.

La poesia è la vita di Anna Vercesi, la sua stessa ragione, il suo desiderio più autentico: «La poesia mi dà gioia, libertà, voglia di vivere. Quando scrivo mi sento come proiettata nel posto del mio cuore e divento la ragazzina che corre nei prati, fra i filari delle viti e assaggia l’uva. Ed è per questo che in alcune liriche ho inserito brani in dialetto pavese, aiutata dal maestro e amico Luciano, che ha anche pensato di tradurne qualcuna vernacolo».

Una poesia che non tiene per sé e che condivide soprattutto con i giovani: «Ho cercato, per quanto possibile, di passare ai miei ragazzi questa malia, questa magia che ti fa ricordare da dove vieni e chi ti ha messo al mondo».

«Si sarà capito – conclude Anna – che sono rimasta strettamente legata a Montù Beccaria ed è là che vorrei giungere al mio capolinea, là dove sento il fiato della mia collina. Spero ardentemente di riuscire a invecchiare tra le vie e gli angoli del ‘me sit’».

Marco Rezzani

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