Poche nascite? «Alla politica servono realismo, lungimiranza e coraggio»

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Stati Generali della Natalità. Papa Francesco è intervenuto alla manifestazione di Roma dove la ministra per la Famiglia, Eugenia Roccella, è stata contestata e azzittita come una “pericolosa antiabortista”

DI GIANNI MUSSINI E MARIA PIA SACCHI

Un Papa Francesco più tonico che mai quello intervenuto lo scorso 10 maggio a Roma per gli Stati Generali della Natalità, la manifestazione promossa da Gigi De Palo e giunta alla sua quarta edizione. Clima di festa, coro dello Zecchino d’oro, molti giovani in sala.

Francesco ha parlato dell’inverno demografico che ci sta assillando. Tre le parole chiave: realismo, lungimiranza, coraggio. Cui ne aggiungeremmo un’altra, speranza, termine che ricorre ben 5 volte nel discorso.

In primo luogo (realismo), ha messo in luce gli effetti di una mentalità neomalthusiana che ha considerato «gli esseri umani come problemi»: ma così «il Vecchio Continente si trasforma sempre più in un continente vecchio», con un’età media superiore del doppio a quella delle aree più popolate. Questo significa meno risorse umane, meno vitalità e un inevitabile declino. Del resto, ha aggiunto il Papa, «il numero delle nascite è il primo indicatore della speranza di un popolo».

Poi Francesco ha invitato alla lungimiranza, suggerendo politiche che non obblighino a scegliere tra figli e lavoro; ma soprattutto indicando quella «solidarietà intergenerazionale» che sola permette la coesione sociale. In questo spirito la denuncia di una «cultura che nasconde i nonni», risorsa invece preziosissima.

Infine il coraggio. Ai giovani si prospetta un futuro in cui «tra denatalità, guerre, pandemie e mutamenti climatici, non è facile mantenere viva la speranza»; eppure non bisogna arrendersi. E qui il Santo Padre, con quell’ottimismo che gli conosciamo, propone di affidarsi al Signore: «È Lui che, nel Vangelo, ci insegna quel “ma io vi dico” che cambia le cose: un “ma” che profuma di salvezza». Con l’invito a far nostro – qui e ora – questo “ma” così suggestivo.

Il giorno prima dell’intervento del Papa, era previsto quello di Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità. Ma le è stato impedito di farlo dalle rumorose contestazioni di un gruppo di studenti. Quale la sua colpa? Sarebbe una pericolosa “antiabortista”.

Vediamo un po’.

Prima di tutto il discorso della Roccella, successivamente pubblicato, sviluppa argomenti non troppo dissimili da quelli del Pontefice, anche se irrobustiti da dati e studi scientifici. Due le principali considerazioni: 1) la “bomba demografica” paventata nel secolo scorso non è esplosa, lasciando invece spazio a un “inverno demografico” le cui conseguenze sono sotto gli occhi di tutti (sviluppo a rilento, problema pensioni, scuole costrette a chiudere, ecc.); 2) il fenomeno ha conseguenze anche sull’ambiente e sulla “solitudine umana”. Ed è proprio questo secondo punto a colpirci. Perdere popolazione significa infatti “abbandonare all’incuria porzioni di territorio”, come per esempio tanti nostri piccoli paesi che – per parafrasare il titolo di un noto film – “non vogliono essere un mondo a parte ma parte di un mondo”.

Quanto alla solitudine, la Ministra spiega che se “una donna di 65 anni nel 1950 aveva 41 parenti viventi; nel 2095 ne avrà una media di 25”. Da brividi le conseguenze: “Le persone crescono senza aver mai sperimentato cosa significa vivere in una rete fitta di rapporti parentali”. Insomma, nell’inverno demografico “non si diventa soli a una certa età, ma si cresce nell’esperienza della solitudine”.

E veniamo all’“antiabortismo” rimproverato alla Roccella da quel manipolo di contestatori romani. Conosciamo Eugenia dai tempi del referendum sulla fecondazione artificiale (2005), quando da posizioni laiche e femministe si batté per la tutela dell’embrione, che i promotori del referendum (poi naufragato grazie a un record di astensioni) volevano liberamente manipolabile. Fu il momento in cui alcune delle migliori intelligenze laiche e cattoliche si trovarono unite in una comune battaglia di civiltà. Ebbene, Eugenia fu dei nostri e, figlia di uno dei fondatori del Partito radicale, non esitò a mettersi contro la propria stessa storia. In più, abituata a un linguaggio lucido e schietto, lontano da ogni imbarazzo clericale, riuscì a combattere la buona battaglia meglio di molti di noi.

Eugenia Roccella

La ricordiamo nel 2006 al convegno nazionale dei CAV-Centri di Aiuto alla Vita di Bari quando fu proprio Gianni a volerla sul palco con Paola Bonzi – la storica responsabile del CAV Mangiagalli di Milano – e con il professor Giorgio Pardi, il quale (diversamente da noi) si era battuto per la legalizzazione dell’aborto, eppure poi collaborò con Paola per salvare il maggior numero di bambini destinati all’aborto.

La Roccella è sulla linea di Pardi.

E allora bisognerebbe spiegare ai ragazzi che l’hanno contestata ma anche a qualche illustre giornalista (vero, signora Bianca Berlinguer?) che la Legge 194 non prevede affatto la totale libertà di aborto né un diritto di aborto, ma solo la possibilità di abortire in caso di “serio pericolo per la salute fisica o psichica” della donna interessata. Di più, la stessa Legge impone che le strutture socio-sanitarie cerchino di “far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza”.

Più chiaro di così…

(Foto: Vatican Media/SIR e Ansa)

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