Perché per Jannik no?
Di Silvia Malaspina
Caro il mio Andrea Abodi, ministro per lo Sport e i giovani, ho atteso un po’ per scriverti poiché speravo che in qualche modo ti potessi riabilitare dopo la figuraccia per la tua mancata partecipazione alla finale del torneo di Wimbledon dello scorso 13 luglio. I fatti sono universalmente noti: Jannik Sinner disputa la finale del più prestigioso torneo tennistico mondiale contro lo spagnolo Carlos Alcaraz, vince al termine di tre ore di partita, ma sugli spalti spicca l’assenza dei rappresentanti sia del governo italiano, sia del Coni. L’unico presente era Angelo Binaghi, presidente della FederTennis, euforico per l’ennesimo successo del campione che ha rivoluzionato la popolarità della racchetta in Italia. Così, caro Abodi, mentre Alcaraz ha potuto stringere la mano a re Felipe VI di Spagna, accorso a sostenerlo e a congratularsi nonostante la sconfitta, Sinner, il primo italiano a vincere Wimbledon, nonché a conquistare uno Slam su più superfici, si è dovuto accontentare delle telegrafiche felicitazioni via Twitter della presidente Meloni e del ministro Salvini. Per parte tua, caro Abodi, di fronte alle critiche, non solo dei partiti di opposizione, ma anche di comuni cittadini che hanno espresso il proprio malcontento sui social, hai maldestramente tentato di porre riparo calando la carta dell’amorevole pater familias: «Capita anche a un ministro di aver bisogno di fermarsi per passare del tempo con la famiglia. Ma la cosa importante è saper gioire da presenti o da diversamente presenti a una impresa che unisce tutti». Sai, caro Abodi, tutti noi amiamo trascorrere il tempo libero con la famiglia e vivere qualche ora di relax insieme agli affetti più cari, ma talvolta occorrono circostanze nelle quali è necessario sottostare agli obblighi che il ruolo impo- ne: tu sei un rappresentante del governo, era tuo dovere sobbarcarti un faticosissimo volo di un’ora e mezza per raggiungere Londra, da lì adattarti a un’auto con sedili in pelle umana, climatizzazione, minibar e conducente per spostarti a Wimbledon, prendere posto nella sgangherata tribuna d’onore e assistere al match. Al limite, se proprio fossi stato stremato, avresti potuto imitare Hugh Grant e schiacciare una rigenerante pennichella! Di fronte a tutto ciò mi sovviene più vivido che mai il ricordo del presidente Sandro Pertini che, l’11 luglio 1982, all’81° minuto della finale Italia-Germania, scattò esultante in piedi con la verve di un ventenne e urlò: «Non ci prendono più!». Jannik Sinner non meritava lo stesso trattamento?
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