Le strade per «Camminare insieme sulla via degli ultimi»

Visualizzazioni: 547

Al 42° Convegno nazionale delle Caritas diocesane che si è svolto a Rho dal 20 al 23 giugno, erano presenti Luca Simoni, direttore della Caritas di Tortona con Martina Crivelli e Alessia Cacocciola che ci ha raccontato l’esperienza milanese e le prospettive per il futuro

MILANO – «Camminare insieme sulla via degli ultimi»… ci sembra di tornare indietro di un anno, quando il 25 e il 26 giugno 2021 tutte le Caritas di Italia si sono riunite a Roma attorno al Papa per celebrare i 50 anni di vita. In quell’occasione, per la prima volta, abbiamo ricevuto il mandato delle tre vie (Ultimi, Vangelo e Creatività) che, nel corso di questo primo anno, ci siamo impegnati a considerare come principale fonte di ispirazione del nostro cammino.

Anche la Caritas Ambrosiana, organizzatrice del 42° convegno nazionale, ha scelto la “Via degli Ultimi” come filo conduttore di quattro giornate di lavoro molto intense, realizzate presso il Centro Congressi di Rho Fiera. Da tutta Italia, sono intervenuti ben 600 operatori Caritas tra direttori, sacerdoti, suore, operatori laici e volontari e la Caritas di Milano ha nuovamente dispiegato tutte le sue risorse per organizzare al meglio un evento che attendeva dal 2020, quando nel mese di marzo la pandemia aveva interrotto il tanto atteso convegno milanese pronto a partire da lì a pochi giorni.

Superfluo sottolineare l’intensità della programmazione delle giornate, scandite da interventi in plenaria, lavori di gruppo, approfondimenti tematici, concerti e testimonianze, con una programmazione che prendeva avvio alle ore 8.30 con la Lectio divina della pastora battista Lidia Maggi, per concludersi alla sera dopo cena con concerti e momenti conviviali. La Caritas di Tortona, rappresentata da Luca Simoni (direttore) e dalla sottoscritta (responsabile del Centro d’ascolto di Voghera), ha partecipato per tutti e quattro i giorni, nella giornata del 21 giugno si è aggiunta anche Martina Crivelli (giovane volontaria del Servizio civile).

La guerra in Ucraina e le migrazioni, la lotta alle mafie, il rafforzamento delle comunità locali, l’accoglienza che parte dal sentirci ultimi – noi per primi –, dare Parola prima di cibo: sono solo alcuni dei bisogni espressi da noi operatori raccolti nei tavoli di lavoro.

Dalla Val D’Aosta alla Sicilia, le Caritas sono unanimi nell’esprimere stanchezza rispetto a uno stile di lavoro improntato sull’emergenza e chiedono di lavorare con un senso di prospettiva, davvero in rete con le istituzioni per non cadere nella delega e nell’autoreferenzialità, eliminando l’assistenzialismo a favore di un ascolto più profondo, potenziando la formazione e il senso di corresponsabilità delle comunità e valorizzando il nostro peso politico (advocacy).

Nell’ultimo giorno di convegno, l’immane lavoro prodotto è stato sintetizzati con sapienza da don Marco Pagnello, direttore di Caritas Italiana e da padre Giacomo Costa, presidente della Fondazione Culturale San Fedele, non allo scopo di mettere un punto al nostro cammino, ma delineare nuove piste di lavoro con al centro i seguenti obiettivi:

– Vivere la complessità e abitare la città degli uomini con lo stile del Vangelo senza scadere nel “martalismo” (Vangelo di Luca 10, 38-42 citato da Mons. Matteo Zuppi, presidente della CEI intervenuto il primo giorno di Convegno: «Marta Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta»).

– Annunciare la speranza per uscire dal “guado” (molto interessante l’intervento di Mons. Pierangelo Sequeri, fondatore dell’Orchestra Sinfonica “Esagramma”).

– Avere il coraggio di fare un passo indietro, in ascolto e rompendo gli schemi (come nel caso dello splendido lavoro sinfonico e- spresso dall’orchestra “Esagramma” composta da professionisti e ragazzi diversamente abili).

– Non avere paura di sporcarsi le mani con le istituzioni, anch’esse hanno bisogno di essere accompagnate.

– Non smettere di seminare giustizia e legalità attraverso ascolto non pregiudiziale, fede pregiudiziale e follia creativa (coraggiosa la testimonianza di Vincenzo Linarello, presidente del Consorzio calabrese GOEL per la lotta alla ’ndrangheta).

– Fare della vivacità, della fantasia e della creatività i nostri tratti stilistici distintivi (quest’anno si celebrano i 50 anni della legge che ha sancito la nascita del Servizio Civile).

Un ulteriore passo avanti nel lavoro di sintesi che ha tenuto impegnati i facilitatori di Caritas Ambrosiana e Caritas Italiana nella notte tra il 22 e il 23 giugno, è stato reso possibile dalla tecnologia che ha permesso a tutti i partecipanti di prendere parte a sondaggi proposti e condividisi in tempo rea- le… Ecco come si traducono per le Caritas italiane presenti al convegno le tre vie di Papa Francesco.

La Via degli Ultimi: advocacy, dare voce a chi non ce l’ha oppure toglierci le mani dalle orecchie per sentire chi già da tempo ci sta facendo sentire la sua voce

La Via del Vangelo: fede non come la “preghierina” con cui iniziare la riunione di equipe, ma come prassi spirituale che ci accompagna nella quotidianità

La Via della Creatività: non è novità a tutti i costi, ma fedeltà al Vangelo. È uscire dalle categorie aprendoci a nuovi spazi generativi di comunità (“valorizzare i cambiamenti apportati dopo e a causa della pandemia senza voler per forza tornare a come eravamo prima”).

E infine come procedere? Quattro ispirazioni per proseguire il nostro cammino: fare la nostra parte; abitare le tensioni senza abbandonarle; mettere i poveri al centro, rendendoli protagonisti; verificare il nostro operato mettendoci in discussione.

Mi avvio verso la conclusione di questo racconto con una suggestione di padre Giacomo Costa che, a sua volta, riprende l’Esortazione Apostolica Querida Amazonia di Papa Francesco del febbraio 2020: nei gran- di problemi, come quello che l’umanità si trova ad affrontare in Amazzonia, la via d’uscita si trova per il “traboccamento” (“la salida se encuentra por “desborde”) afferma Papa Francesco.

E poi aggiunge che, per poter riconoscere il “dono più grande che Dio sta offrendo” bisogna “ampliare gli orizzonti al di là dei conflitti”.

Conclude Padre Costa: «Per limitare i danni, non serve la disciplina, ma un traboccamento di grazia, un desborde. E noi, a quale traboccamento siamo chiamati?».

Alessia Cacocciola

Commenti: 0

Il tuo indirizzo mail non sarà reso pubblico. I campi obbligatori sono segnati con *