Lacrime di burocrazia

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di Carlo Zeme

Margherita è nata alle 16.46 di un giovedì di metà novembre. È stata la nascita 901 del 2023 all’ospedale di Alessandria. La prima persona in famiglia con il codice A182 alla fine del codice fiscale. Non ci vuole molto per capire che sono appassionato di dettagli più o meno inutili. Ma «le cose inutili spesso sono anche le più interessanti» – diceva un mio professore che insegnava una materia che io all’epoca reputavo poco importante. Così, tre giorni dopo esser diventato padre, sono andato a registrare mia figlia all’anagrafe. Ma non ci sono riuscito. Lo sportello era chiuso. Bisognava prenotarsi tramite mail, prendere appuntamento: lunedì, mercoledì o venerdì, dalle 9 alle 12, altrimenti tanti saluti. Ho preso l’appuntamento, trascorse 48 ore ero di nuovo lì, questa volta sicuro di farcela, sicuro di registrare il nome di mia figlia, farla diventare figlia anche della burocrazia o dello Stato a seconda dei punti di vista. Da sempre ho riso stupito di quei padri che al momento di dichiarare il nome del proprio discendente hanno fatto gaffe, aggiungendo o togliendo consonanti e vocali, trasformando nomi anglosassoni in strafalcioni che ti porti dietro tutta la vita. Quella mattina ho smesso di ridere di loro e mi sono emozionato, perché ho scoperto che registrare il nome della propria figlia è una cosa serissima. Un modulo da compilare, un nome da scrivere in stampatello e l’impiegata che al di là del bancone a voce alta legge tutto il verbale concludendo con il nome e cognome che si è deciso. Mi sono emozionato: una lacrima mi è caduta mentre un signore baffuto dietro di me doveva rinnovare la carta d’identità. Mi sono emozionato: lo certifica una foto che mi hanno scattato in quel momento, la Provvidenza ha voluto che una persona amica fosse là e immortalasse per sempre un ricordo speciale. Mi sono emozionato e sono spiaciuto che con me non ci fossero anche mia moglie e mia figlia, ma su una cosa possono stare tranquille, trapanerò ancora per lungo le loro orecchie raccontando di quella volta che mi sono commosso all’ufficio anagrafe.

carlo.zeme@gmail.com

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