La Chiesa realizza il “sogno” di Dio di salvezza e unità

Visualizzazioni: 13

Martedì al “Mater Dei” a Tortona il card. Repole, arcivescovo di Torino ha aperto il corso annuale diocesano e vicariale di catechesi per gli adulti

TORTONA – Nella serata di martedì 4 novembre presso il centro “Mater Dei” ha avuto inizio il corso annuale diocesano e vicariale di catechesi per gli adulti, voluto dal vescovo e scaturito dal cammino sinodale, che per l’anno pastorale in corso, avrà come filo conduttore il tema “la Chiesa”. A tracciare il solco del cammino, che poi proseguirà nei singoli vicariati, è stato il cardinale Roberto Repole, arcivescovo di Torino, che ha accolto con gioia l’invito di Mons. Guido Marini e ha offerto una profonda riflessione intitolata “Credo la Chiesa”, che si può trovare sul canale YouTube di Radio PNR e sul sito della Diocesi. Il card. Repole è stato accolto dal caloroso applauso dei numerosi laici, sacerdoti, religiosi, religiose, diaconi e consacrati che gremivano il teatro e dalle parole introduttive del vescovo di Tortona che lo ha ringraziato con affetto. Dopo la preghiera introduttiva, il cardinale ha iniziato esprimendo a sua volta gratitudine per il confratello al quale lo lega una fraterna amicizia e mettendo subito in evidenza il centro della sua riflessione, ovvero chiedersi che cosa si intende quando nella professione di fede si definisce la Chiesa “una, santa, cattolica e apostolica”. La domanda importante da porsi, dunque, è “che cosa è la Chiesa?” o meglio, usando un’espressione del teologo svizzero Urs Von Balthasar, “chi è la Chiesa?”. A questa domanda si possono dare molte risposte anche contrastanti secondo l’immaginario collettivo, ma in realtà la Chiesa, come ha spiegato l’arcivescovo Repole, è un “mistero”, «non nel senso di un enigma irrisolvibile, ma come la comunità attraverso cui Dio realizza il suo progetto di salvezza e unità per tutta l’umanità» e lo ha fatto partendo da un’analisi dell’inizio e della fine della Bibbia, evidenziando come il grande «so- gno» di Dio, visibile dall’inizio e fino alla fine della Bibbia, sia quello di un’umanità tutta intera, che sia unificata in se stessa e intimamente unificata a Dio. E in questa visione regnano la pace, la giustizia, la vita senza fine e la fraternità. La Chiesa, dunque, ha spiegato RePole, non è una setta, ma lo strumento scelto da Dio che per realizzare il suo progetto inizia da Abramo. Dalla sua discendenza nasce il popolo eletto che non è unificato tanto da un legame di sangue del sangue ma dalla «sua fiducia totale in Dio», cioè dalla fede. La Chiesa, perciò, è la comunità di fratelli e sorelle, che hanno tutti la stessa dignità che discende dal battesimo. «Dio manda addirittura il suo figlio a prendere carne, con la missione chiara di raccogliere in modo definitivo» il popolo di Israe- le. Cristo, dunque, è venuto ad allargare il popolo alla moltitudine delle donne e degli uomini che appartenenti a qualunque popolo, crederanno in Lui. Dal Corpo di Cristo ha detto il card. Repole scaturisce la Chiesa che è strettamente legata alla Pasqua. Si può dire che dal fianco squarciato di Cristo nasce la Chiesa, perché il corpo del crocifisso si è simbolicamente “dilatato”. Questa fessura, che esprime simbolicamente il dono della vita, ha permesso alla comunità di inserirsi in quel corpo. La Chiesa nasce quindi da quella realtà in cui Dio ha inviato Suo Figlio e lo Spirito affinché l’umanità si ritrovasse unificata in Lui. Il Corpo di Cristo non è solo un’origine, ma è anche una realtà che si realizza e si rinnova costantemente attraverso i sacramenti, il cui culmine è l’Eucaristia. Quando i fedeli mangiano il pane e bevono il vino nell’Eucaristia, lo fanno per diventare loro stessi il corpo di Cristo. La Chiesa, inoltre, ha sottolineato il card. Repole è come un sacramento, ricordando quanto dice la Lumen Gentium, «perché è uno strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano, è un segno attraverso cui Dio unisce gli uomini con sé e proprio per questo li unisce tra di loro come sacramento. All’interno della Chiesa tutti sono chiamati a riconfigurare costantemente le loro comunità, proprio per essere questo segno e strumento dell’unione universale. I ministri che ricevono il sacramento dell’Ordine, hanno il compito specifico di fare in modo che la comunità non “deragli” mai dalla memoria di Cristo che è stata conosciuta dagli apostoli; il popolo dei laici è come «un simbolo che la Chiesa non sarebbe sè stessa se non fosse il luogo in cui Cristo è vivo e attraversando la nostra vita già sta trasfigurando tutte le realtà di questo mondo»; le consacrate e i consacrati, a loro volta hanno il ruolo di ricordare a tutti l’attesa della venuta ultima di Gesù Cristo. Repole ha poi aggiunto che «occorre riconfigurare le nostre comunità cristiane per svolgere oggi la missione che dobbiamo svolgere cioè di essere segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano. In conclusione, il cardinale si è detto convinto del fatto che «non importa tanto quanti siamo ma quello che importa è chi siamo se siamo veramente, pochi o tanti, la Chiesa di Gesù Cristo, quella comunità di sorelle e di fratelli uniti in lui attraverso cui Dio continua a desiderare di salvare e raggiungere tutta l’umanità». Ha concluso la sua relazione, leggendo una bellissima poesia di Silja Walter, una monaca benedettina svizzera intitolata Noi rimaniamo, perché crediamo, per rimarcare che la Chiesa deve sempre vigilare «aspettando per tutti gli altri», per l’umanità intera, «la venuta del Signore». Mons. Marini al termine, riassumendo la riflessione del cardinale, ha auspicato che la Diocesi possa essere «sempre di più in Cristo un corpo solo».

Daniela Catalano

Commenti: 0

Il tuo indirizzo mail non sarà reso pubblico. I campi obbligatori sono segnati con *