«I cristiani sono un “cuscinetto” tra gli arabi musulmani e gli israeliani»

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La guerra in Medio Oriente. La testimonianza e il racconto di suor Sandra Castoldi che opera presso gli uffici del Patriarcato Latino di Gerusalemme, intervenuta giovedì scorso a “Fortunago Enjoy”, l’evento per l’associazione “Chicco per Emdibir”

DI DANIELA CATALANO

Giovedì 17 luglio, poche ore dopo la strage nella chiesa cattolica di Gaza, nel piccolo paese di Fortunago abbiamo incontrato suor Sandra Castoldi, milanese, delle suore Orsoline di San Carlo, che vive a Gerusalemme e opera presso gli uffici del Patriarcato Latino di Gerusalemme. La religiosa, da poco rientrata in Italia per qualche giorno di vacanza in famiglia, è stata invitata a partecipare a “Fortunago Enjoy”, l’evento organizzato dallo chef Danilo Nembrini per sostenere l’operato dell’associazione “Chicco per Emdibir”, fondata da Elena Passadori. Suor Sandra ha accolto l’invito a raccontare la sua esperienza a Gerusalemme, in questi tempi difficili e tormentati e mentre parlava con noi, riceveva aggiornamenti sulla situazione a Gaza dagli amici che sono in Terra Santa. La suora è partita dieci anni fa per Gerusalemme e in questo periodo di permanenza ha visto molti cambiamenti nella città, dove i cristiani vivono in pace e sono rispettati, ma sono consapevoli di essere una sorta di “cuscinetto” tra gli arabi musulmani e gli israeliani, capace di attutire gli attriti. Sicuramente il clima a Gerusalemme è molto cambiato dal 7 ottobre 2023, in seguito all’attacco di Hamas contro Israele. Nella città dove è possibile muoversi e lavorare in sicurezza, si convive però con il suono acuto degli allarmi e si respira un’aria di incertezza. Per molti degli abitanti, sapere che a un centinaio di chilometri, nella Striscia di Gaza, è in atto un vero e proprio inferno, non è facile da accettare. Suor Sandra ha riferito quello che succede nei dintorni e ha parlato anche del villaggio cristiano di Taybeh, dove la settimana scorsa i coloni israeliani hanno appiccato il fuoco. La religiosa, con un sorriso dolce ma fermo, ha manifestato il suo dolore per l’attacco alla parrocchia di Gaza, con cui il Patriarcato ha rapporto continuo e costante. Ha anche raccontato che l’opinione pubblica di Gerusalemme spesso protesta contro il governo di Netanyahu e alcuni giornali sono stati bloccati perché non graditi al potere. Il dramma secondo la suora consiste nel fatto che sia gli Ebrei sia i Palestinesi vogliono ritornare alla propria terra, alla propria casa. «In realtà questo è un mito, con il quale si alimenta l’ideologia. – ha detto – Il problema vero non è la realtà, ma l’ideologia, ovvero il modo in cui la realtà viene interpretata». La religiosa ha spiegato la complessa situazione dal punto di vista dell’anagrafe a Gerusalemme: «È una città a statuto speciale che dovrebbe garantire la vita e la libertà a tutti coloro che vi abitano o vi sono Pizzaballa, «uomo semplice e di grande equilibrio, perché riesce a gestire una situazione delicata e resa difficile sia dagli arabi sia dagli israeliani». cresciuti. In verità, però, il documento d’identità di un palestinese arabo nato a Gerusalemme è rilasciato dallo stato israeliano e quindi diventa un documento d’identità israeliano che lo Stato d’Israele può revocare quando vuole. Sui documenti d’identità è specificata anche la religione e chi si converte non può cambiare la propria religione sui documenti». Suor Sandra ha messo in evidenza la volontà di collaborazione e di comprensione che si traduce in varie forme di cooperazione. La ricchezza consiste proprio nella volontà di andare d’accordo sui valori perché gli esseri umani sono tutti uguali: «C’è tanta gente normale, che lavora per la sua famiglia e cerca di fare qualcosa di bene». Lei e la sua consorella hanno amici sia israeliani sia palestinesi e da entrambi le parti hanno sempre ricevuto manifestazioni di affetto e di vicinanza. Suor Castoldi ha avuto parole di elogio per il Patriarca, il cardinale Pierbattista «Il suono degli allarmi – ha detto suor Sandra – ti fa avvicinare di più al senso della morte, perché la morte c’è e diventa un motivo in più per coltivare la speranza. Può sembrare paradossale, ma in realtà non farci rubare la speranza significa sapere che non siamo fatti per vivere due giorni sulla Terra, ma siamo fatti per vivere per sempre. Questa è la speranza cristiana e questo “per sempre” diventa un motivo in più per stare in Terra Santa, per condividere, per imparare che cosa vuol dire il bene dell’altro». Purtroppo non si può sapere quando questa guerra finirà, ma sicuramente, come ha invitato a fare la suora, si può pregare e impegnarsi, ciascuno nel proprio piccolo, per non dimenticare e per indignarsi.

(Foto: AFP/SIR)

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