Fermi tutti! Questa è una rapina

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Di Cesare Raviolo

Il Governo ha deciso di tassare gli “extra-profitti” delle banche. Già l’uso di questo termine lascia perplessi: nella teoria economica indica il maggior profitto realizzabile nel mercato di monopolio rispetto a quello di concorrenza perfetta oppure un risultato a carattere eccezionale che qui però non ricorre. Non si può parlare neppure di tassa sui profitti, in quanto il prelievo avverrà attraverso strumenti che hanno poco a che vedere con il risultato dell’esercizio. Si tratta di ben cinque interventi, che non mancheranno di produrre effetti distorsivi rilevanti sulla stabilità degli istituti di credito e sicuramente peseranno sull’utente finale, cioè sui costi dei servizi forniti dalle banche a imprese e famiglie. In dettaglio, il disegno di legge di bilancio prevede che gli accantonamenti 2023 (6,2 miliardi) potranno essere distribuiti come dividendi agli azionisti, pagando un’aliquota “agevolata” del 27,5%, invece del 40%, se la distribuzione sarà nel 2026, del 33% se saranno distribuiti nel 2027. Così facendo, però, il Governo induce le banche a ridurre le riserve e a distribuire dividendi al più presto, rendendo meno stabile il sistema. Per fare “cassa” è previsto l’aumento dell’Irap (dal 4,65 al 6,65%) per le banche e gli altri intermediari finanziari, oltre che per le assicurazioni (dal 5,90 al 7,90%), con un valore di 1,2 mld nel 2026 e 1,3 nel 2027; vale circa 0,5 mld la riduzione della deducibilità degli interessi passivi delle banche dal 100% al 96% nel 2026 e al 97% nel 2027. Un ulteriore anticipo di liquidità dovrebbe derivare dall’abbassamento dell’aliquota per la compensazione delle perdite, dal 54 al 45% nel 2026 (circa 1,2 mld) e l’allungamento del periodo di deducibilità delle svalutazioni dei crediti (circa 0,16 mld). Nel complesso, la manovra, che solleva qualche dubbio di costituzionalità per il carattere “mirato” a un unico soggetto dell’intervento normativo, nel 2026 costerà alle banche 3,6 mld di nuove tasse e 1,2 mld di anticipi di liquidità non remunerati. Al di là dei costi per il sistema bancario, a preoccupare sono le distorsioni che essa produrrà per minori accantonamenti e maggiori costi della raccolta. Nel breve periodo, tali costi graveranno sugli investitori italiani e stranieri, mentre nel medio periodo, è probabile che gli istituti riducano accantonamenti e tassi sui depositi e impieghi alle imprese per far fronte al minor capitale disponibile. Insomma, viene in mente la mitica, e talvolta tragica, minaccia “Fermi tutti! È una rapina!”.

raviolocesare [at] gmail.com

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