Bosmenso: quando non ci sei resta ad aspettarti

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Alla scoperta dell’antica frazione di Varzi che in estate (e non solo) rivive le sue antiche feste popolari grazie a un’associazione intraprendente. E quest’anno erano più di 2.000 a rendere omaggio al torrente Staffora

“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti” scriveva Cesare Pavese in La luna e i falò. E durante la stagione estiva sono tanti i piccoli paesi che si animano con un fermento di iniziative di vario genere, grazie ai pochi residenti annuali ma soprattutto ai villeggianti e a chi, in periodo di vacanza, riesce a fare ritorno al paese natale, dove ha le sue radici, dove ha trascorso l’infanzia insieme a genitori e nonni. Tra questi ve ne è uno particolare, il borgo di Bosmenso, frazione di Varzi. Si tratta di un antico paesino citato in atti del X secolo come Besemenci, Besemuntio o Bosmezzo.

Filippo Mancinelli, nel suo libro Il Pavese Montano del 1922, così descrive l’abitato: “Il villaggio è alla base di uno sperone che per un certo tratto è costituito da sciati di arenaria molto micacea; scisti sottili intramezzati da straterelli di marna azzurrognola. Sopra all’arenaria scistosa, si stende, con grande potenza, la marna azzurrognola che forma quasi completamente le due sponde del rio Bosmenso, e va sino a Casanova di sinistra. Nella vallicola del rio Bosmenso termina il terrazzo di sinistra dello Staffora che comincia a Ceregate (821) e contiene Cegni (794) e Cignolo (700-664). Da Bosmenso a Castellaro si incontrano argille scagliose. Ritornando sulla strada della sponda destra dello Staffora, quasi di fronte alla chiesa di Bosmenso, sopra alla strada cave di buona arenaria”.

All’interno dell’oratorio dedicato a San Giorgio, parrocchia sino al 1600, ubicato a pochi metri dal greto del torrente Staffora, è conservata una lapide in arenaria oggetto di molti studi. È epigrafata con un testo alquanto enigmatico, riferito a una fanciulla longobarda di stirpe regia: Rothilda, sepolta in luogo nel XI secolo. Originariamente era posta esteriormente alla chiesa. È stata oggetto di recenti ricerche svolte da Marco Sannazzaro ed Elena Corbellini. Gli studiosi sono concordi nell’affermare che la Vergine sia stata la figlia di Rotruda o di Rothlinda. Questo l’epitaffio, nonostante sia di ardua lettura: “L’ha affidata a te, per mezzo della tua terra, san Giorgio, facendo scrivere tali parole, piangente, la piissima madre. Questa che vedi (è) una piccola opera, lettore di passaggio; ormai affidata al Signore, ormai addentrata nel cammino, Rothilda giace qui, vergine si mantenne nel secolo, rifulge nei castelli dell’aere e i regni del cielo; l’Italia l’ha generata, germoglio di schiatta reale”. Storie che sembrano favole, favole che sembrano storie vere.

Nella parte superiore dell’abitato si trova il rinomato ristorante “Buscone”, uno dei quattordici artigiani del prodotto per eccellenza della zona, l’unico realizzato dalle norcine (tre sorelle con le proprie famiglie che portano avanti la tradizione trasmessa dal padre Giorgio): il salame di Varzi.

In centro al paese sorge la chiesetta della Madonna del Carmelo. All’interno è stato scoperto solamente poco tempo fa un affresco, di non pregevole fattura, risalente al Seicento raffigurante la Madonna del Latte. La Beata Vergine è rappresentata mentre allatta il Divin bambino. Ai lati sono una donna e un frate che indicano la scena.

Ma l’abitato di Bosmenso non è solo tradizione culinaria e storia con i suoi due luoghi di culto. È anche partenza o arrivo del percorso escursionistico “Sentiero del Grillo” che porta al capoluogo comunale: Varzi. Quasi 8 km che dai 409 metri sul livello del mare di Bosmenso salgono ai 761 passando per Monteforte e immettendosi nel tragitto di uno dei grandi cammini, la ben più nota “Via del Sale”. Tra boschi di castagno, carpini e ornielli, con panorami mozzafiato sulla valle Staffora, il percorso scende poi ai 409 metri varzesi.

Negli ultimi anni durante l’estate si sono svolte nel borgo numerose feste e sagre: quella dei trampoli (Gli sgarampi), antico strumento utilizzato per guadare il torrente senza bagnarsi, l’itinerante La Notte con punti ristoro e di attrazione sparsi per tutto il paese, per giungere alle più affermate Festa delle Piazzette e Bosme River Sound. Quest’ultima, giunta di recente alla seconda edizione, ha richiamato ad agosto circa 2000 persone dalla valle ma anche dalla pianura ed è stata ideata per svolgersi in mezzo alla natura a ridosso del torrente e della sua acqua, fonte di vita e cuore pulsante per ogni attività sin dal passato. Un omaggio allo Staffora, con il suo andamento ondulatorio il cui gorgoglio appena accennato diventa assordante nelle piene primaverili e autunnali, da sempre testimone inerme dei cambiamenti delle valle. È stata una festa per tutti, adulti e non solo. I giovani, infatti, hanno ballato sino a notte fonda sul greto al ritmo della musica moderna mixata da esperti dj del calibro di Marco Ravelli e di Andrea Casta con il suo violino elettronico fatto di musica e creatività, entrambi artisti di fama nazionale.

Non è da dimenticare infine il periodo natalizio, dove in ogni angolo della frazione viene raccontata una storia con l’allestimento di un presepe a grandezza naturale. L’intero paese come un palcoscenico. Antichi mestieri artigianali sono mostrati attraverso manichini appositamente vestiti con attrezzi appartenenti al mondo rurale e contadino di una volta, dove la manualità era la qualità principale di ogni individuo. La scena della natività viene poi creata all’interno della chiesa della Madonna del Carmelo. Bosmenso è ormai da anni un paese volubile, capace di cambiare aspetto in base alle varie esigenze e ai tempi, è un luogo dove la tradizione, la cultura, la natura, l’enogastronomia e la mondanità si incontrano, il tutto grazie all’Associazione Quelli di Bosmenso, a chi vi abita e grazie a chi ritiene che “un paese ci vuole… anche quando non ci sei resta ad aspettarti”.

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