Annunciare oggi al mondo il Kèrigma

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Dal 15 al 17 giugno a Scalea il convegno nazionale degli Uffici Catechistici. Era presente anche la Diocesi di Tortona con don Fabrizio Pessina

SCALEA – Dal 15 al 17 giugno nel bellissimo contesto di Scalea, sulla costa tirrenica della Calabria, si è svolto il convegno nazionale dei direttori e delle équipe degli Uffici Catechistici diocesani, che ha avuto come tema “Il Kèrigma” ovvero l’annuncio del vangelo, del messaggio cristiano. Sono stati giorni in cui si è potuto ascoltare il ricco contributo offerto da diversi relatori, tra cui Mons. Antonio Pitta, ordinario di Nuovo Testamento alla Pontificia Università Lateranense, che ha trattato in modo magistrale il tema della risurrezione cristiana, la quale coinvolge tutto l’essere, anima e corpo, ovvero tutta la persona con la propria identità. In merito, il contributo dell’apostolo Paolo sottolinea che la risurrezione di Cristo è fondata sulla sua morte per i nostri peccati. Senza questa, la risurrezione si ridurrebbe a ideologia.

Risorgere non è, poi, entrare in un luogo, ma restare per sempre con chi ci ha amati. Tutti, credenti e non, hanno ricevuto lo Spirito come caparra, ma solo i credenti si trovano nello Spirito e arriveranno al compimento nella risurrezione. L’apostolo Paolo parla poi di metamorfosi nella risurrezione, quindi non un ritorno nella condizione prima del morire o dell’uomo prima del peccato, ma trasformazione di gloria in gloria, ovvero conformazione al corpo glorioso di Cristo.

La nostra risurrezione comincia quando comprendiamo di avere ricevuto lo Spirito che ci permette di dare vita alla comunità cristiana. La metamorfosi avviene quando, dapprima, riconosciamo la Sacra Scrittura quale veramente Parola di Dio e l’Eucaristia nostro vero cibo e vera bevanda, poi quando si esprimono carismi, ministeri e attuazioni, poi ancora quando nella chiesa diventiamo corpo mistico di Cristo.

Successivamente don Paolo Mascilongo, esegeta, docente di teologia neotestamentaria agli studi interdiocesani di Piacenza, Bologna e all’istituto biblico francescano di Gerusalemme, ha presentato una riflessione sulla figura dell’apostolo Pietro, che attraversa tutti i vangeli e bene si presta per un’analisi metodologica ai fini della catechesi. Essa richiede familiarità con la Parola di Dio, ascoltata, vissuta, celebrata, testimoniata, che ne è fonte, come leggiamo nel documento della CEI Incontriamo Gesù (2014) e ripreso da papa Francesco in Evangelii Gaudium. Il catechista ha, quindi, bisogno di fare “immersione” nella Sacra Scrittura.

Fatta questa premessa, l’apostolo Pietro compare subito all’inizio nei vangeli, con l’episodio della chiamata, alla quale viene risposto con immediata sequela, mai interrotta. Pietro è quindi tra i veri testimoni di Gesù. La chiamata poi non è isolata, ma avviene insieme ad altre. Emerge, quindi, la dimensione comunitaria. Il catechista non lavora, dunque, individualmente, ma in modo sinergico, in una comunità.

A Pietro viene poi data una autorità particolare, accompagnata alla sua fragilità personale, che dovrà subire le più dure batoste. Dobbiamo anche noi, in quanto evangelizzatori, tenere conto del peso della missione e a volte soffrire per gli scontri o le incomprensioni. Abbiamo poi l’aspetto della grande familiarità quotidiana di Pietro con Gesù che esprime un elemento molto importante per la vita del catechista: quello di trovarsi ogni giorno con il Signore. Pietro, poi, inizialmente non accetta la croce, vuole il Cristo glorioso, ma dovrà accettare prima il Cristo sconfitto.

Quante cose vorremmo vedere diverse: seminare e raccogliere subito, sperimentare sucbcessi e non delusioni, sentirci gratificati. Con Cristo invece facciamo esperienze anche di croce. Un altro aspetto di Pietro è il tradimento, che viene però subito riparato da Gesù e, infine, l’annuncio del Risorto di andare in Galilea, dove tutto era iniziato e dove tutto doveva ricominciare, con l’evangelizzazione di tutti i popoli.

Pietro è un personaggio a tutto tondo che accompagna gradualmente nella conoscenza di Gesù. e che con i suoi tratti è sostegno e insegnamento nel ministero del catechista. Altri preziosi spunti sono stati quelli riguardanti la valorizzazione di esperienze vissute durante la pandemia: ci è stato imposto di scontrarci col mistero della morte, da non ignorare per dare il giusto valore alle cose; con la nostra libertà che è fragile e con la necessità di essere vigilanti per non cadere nell’inganno del metaverso che si pone come superamento delle relazioni tradizionali. È uscirne da sconfitti rimuovere tutte le tragicità senza cercare in esse messaggi eloquenti e importanti per la vita. I lavori di gruppo sono stati l’occasione per riflettere e a fare sintesi sulle modalità dell’annuncio del “kerygma” a fratelli non credenti o di altri culti. L’ascolto, l’accoglienza, la carità, la buona testimonianza, l’esperienza di visitare luoghi sacri e di partecipare alla preghiera comunitaria veicolano tanti stimoli per affacciarsi al vangelo e iniziare una vita nuova.

Don Fabrizio Pessina

Direttore Ufficio Catechistico diocesano

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