Se la politica si fa tifo

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Di Ennio Chiodi

La crescente disaffezione elettorale rischia di diventare una vera emergenza democratica. Presupposto di una democrazia compiuta è la partecipazione, l’interesse, il consenso che si aggrega attorno ai temi del dibattito politico. Una democrazia senza popolo è una democrazia debole, sterile, sempre meno in grado di produrre idee e programmi capaci di far crescere la comunità nel progresso e nella piena libertà. Gli Italiani non si allontanano solo dal voto, ma anche e soprattutto dai luoghi in cui le scelte nascono e si strutturano, come i partiti e le associazioni. Più che astensione, dovremmo chiamarla disaffezione, delega in bianco, rinuncia a informarsi con continuità e interesse, salvo raccogliere poche e generiche indicazioni, sempre più banali e semplificate, nelle piazze dei social e dei talk show. Secondo il più recente rapporto dell’Istat è crollato in un ventennio (dal 2003 al 2024) il tasso di “partecipazione invisibile”, che consiste nell’informarsi e nel discutere di politica, di seguire con regolarità i temi sul tappeto e il dibattito tra le diverse posizioni. Più tra le donne che tra gli uomini, più tra i diplomati che tra i laureati, più al Sud che al Nord e – dato particolarmente preoccupante – più tra i giovani fino a 24 anni che tra i più grandi, il che fa pensare a un futuro in cui l’astensione sia destinata a crescere ulteriormente. C’è chi sostiene comunque – come Pierpaolo D’Urso, preside di Sociologia e Comunicazione alla Sapienza di Roma – che questo fenomeno non sia irreversibile e che un sussulto di responsabilità possa produrre un “patto per la partecipazione” tra istituzioni, scuola, società civile e sistema dei media. La politica deve prendere atto di un sentimento sempre più diffuso tra la gente, come avverte la ricerca di un’altra autorevole Università italiana, la Cattolica di Milano, in cui si parla esplicitamente di “inciviltà politica”. Il 73% degli italiani si dichiara fortemente infastidito da politici che ricorrono all’insulto, alla volgarità, agli stereotipi, che puntano a ridicolizzare gli avversari politici e dimostrano mancanza di rispetto per i valori democratici. Si nota tra l’altro come il sistema mediatico si trasformi in una “trappola strutturale” dove l’insulto “si fa audience” e chi mantiene un atteggiamento civile “paga un prezzo”. La semplificazione estremizza le posizioni in un dibattito sempre più ideologizzato. Viene escluso chi non si riconosce nel tifo delle curve ma vorrebbe seguire gli eventi da una tribuna centrale – Destra o Sinistra che sia – che consenta una visione più ampia e generale e un giudizio più equilibrato di ciò che sta avvenendo in campo. Se si eliminano le tribune, chi non vuole finire in curva resta fuori dallo stadio.

enniochiodi [at] gmail.com

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