Spezzare il pane col nemico

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di Maria Pia e Gianni Mussini

Lo zio Beppe, fratello della mamma di Maria Pia, era un tipo dolcissimo. Quando da piccola Maria Pia tornava a Voghera per Natale, lui – che non aveva figli ma che ne avrebbe voluti – se la coccolava come un giovanotto innamorato. L’avventura della sua vita era stata la campagna di Russia in cui il Duce, dopo avere “spezzato le reni alla Grecia” (in realtà, come sappiamo, avvenne il contrario), fu sciaguratamente coinvolto nella nuova spedizione dall’alleato tedesco.

Protrattasi dall’estate del 1941 al gennaio del 1943, la campagna si concluse con la rovinosa ritirata dei soldati tedeschi e dei loro alleati. Tra questi appunto gli italiani, che in quell’occasione – e a differenza di come si comportarono in Africa – furono effettivamente “brava gente”, come recita il titolo di un bel film di Giuseppe De Santis del 1964. Quella tragedia ha dato la stura anche a tutta una serie di romanzi memorialistici, a partire da quello famoso di Mario Rigoni Stern, Il sergente nella neve.

Ma a noi due questa pagina così grandiosamente tragica della storia veniva spesso ricordata dalla voce quieta, eppure ricca di fervore, dello zio Beppe.

Personaggio antieroico, cattolico di scuola barnabita, riuscì a tornare a casa incolume confessando di non aver mai sparato un colpo contro un soldato nemico. Si era però ammalato gravemente (il freddo insopportabile, soprattutto senza i necessari indumenti, e la scarsità di cibo, avevano avuto la loro parte): ma trovò una famiglia contadina che lo accolse in casa, una piccola isba, concedendogli l’unico letto vero e proprio e condividendo con lui il poco che c’era da mangiare. Tra i contadini usa così. Ricordate i Promessi sposi? Le donne della famiglia di Tonio, pur in un periodo di grave carestia, invitano Renzo: “Volete restar servito?”, complimento che – aggiunge Manzoni – “il contadino di Lombardia, e chi sa di quant’altri paesi!, non lascia mai di fare a chi lo trovi a mangiare, quand’anche questi fosse un ricco epulone… ed egli fosse su l’ultimo boccone”.

Fatto sta che zio Beppe ebbe salva la vita proprio grazie a questi contadini, che tenevano gelosamente una sacra icona in casa, con una candela sempre accesa. E dicevano che Stalin non era buono e che Lenin invece lo era stato.

Chissà che cosa direbbe oggi lo zio di questi altri Russi mandati ad aggredire i loro fratelli ucraini. Ovviamente non ne facciamo qui una questione politica. Ma forse i grandi della terra, a partire dal signor Putin, dovrebbero ricordarsi di quelle care icone che invitavano alla pace e alla fratellanza cristiana, e di quei contadini che spezzavano il pane con un “nemico”: ben sapendo che prima viene l’uomo, poi la divisa che porta. E che a far la pace non ci si sbaglia mai.

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