Sant’Oscar Arnolfo Romero, martire

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Dal 1992 la Chiesa il 24 marzo celebra la Giornata di preghiera e digiuno per i missionari martiri, perché proprio il 24 marzo, nel 1980, fu ucciso il Vescovo mons. Oscar Arnolfo Romero che lo scorso 18 ottobre è stato canonizzato da Papa Francesco. La Chiesa lo ricorda il 24 marzo, giorno del suo martirio.

Romero nacque a Ciudad Barrios di El Salvador il 15 marzo 1917 da una famiglia modesta. Avviato all’età di 12 anni come apprendista presso un falegname, a 13 entrò nel seminario minore di San Miguel e poi, nel 1937, nel seminario maggiore di San Salvador retto dai Gesuiti. Vi restò solo sette mesi e a ottobre fu inviato a Roma per proseguire gli studi. A causa della Seconda Guerra mondiale, non riuscì a rientrare a El Salvador e fu ordinato sacerdote a Roma il 4 aprile 1942.

Quando tornò in patria si dedicò con passione all’attività pastorale come parroco.

Divenne direttore della rivista ecclesiale “Chaparrastique” e poi direttore del seminario interdiocesano di San Salvador e segretario della Conferenza Episcopale dell’America Centrale e di Panama. Il 24 maggio 1967 fu nominato Vescovo di Tombee e solo tre anni dopo Vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di San Salvador.

Nel febbraio del 1977 era Vescovo dell’arcidiocesi, proprio quando il Paese subiva la repressione sociale e politica. Tutti i giorni si assisteva a omicidi di contadini poveri e oppositori del regime politico, compiuti da organizzazioni paramilitari di destra, protetti e sostenuti dal sistema politico. Era il periodo in cui il generale Carlos Romero fu proclamato vincitore, grazie a brogli elettorali, delle elezioni presidenziali. La nomina del nuovo Vescovo non destò preoccupazione perché lui era “un uomo di studi”, non impegnato socialmente e politicamente e era un conservatore. Mons. Romero, invece, iniziò il suo lavoro con passione. Passò poco tempo e le notizie della sua inaspettata attività in favore della giustizia sociale si diffusero rapidamente e arrivarono i primi riconoscimenti ufficiali dall’estero per la sua azione a favore del popolo salvadoregno. Dopo l’assassinio del gesuita Rutilio Grande da parte dei sicari del regime Romero aprì un’inchiesta sul delitto e ordinò la chiusura di scuole e collegi per tre giorni consecutivi. Nei suoi discorsi mise sotto accusa il potere politico e giuridico di El Salvador. Istituì una commissione permanente in difesa dei diritti umani e le sue omelie furono trasmesse dalla radio della diocesi e pubblicate sul giornale “Orientaciòn”. Romero chiedeva “giustizia in termini spirituali e non politici” e visse i suoi ultimi anni oppresso da “lettere piene di insulti, telefonate minatorie, avvisi persino in televisione” che fecero presagire in lui l’imminenza del martirio.

Non invitò, però, mai nessuno alla lotta armata, ma alla riflessione e alla presa di coscienza dei propri diritti.

Purtroppo, il regime che aveva sfidato non lo perdonò e il 24 marzo 1980, durante la Messa, nel momento in cui sta elevando il calice, lo uccise brutalmente.

Daniela Catalano

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