San Braulio di Saragozza

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Il santo di questa settimana è uno dei santi spagnoli più famosi ed è venerato come patrono di Aragona. San Braulio (o secondo alcune fonti Braulione), di cui si celebra la memoria il 18 marzo, nacque in Spagna intorno al 590 circa, da una ricca famiglia nobile ispano-romana, con sangue germanico e crebbe nella casa del fratello Giovanni, vescovo di Saragozza. Un altro fratello fu abate del monastero fondato da sant’Emiliano alla Rioja e la sorella divenne badessa. Nel 610, a venti anni, entrò nell’abbazia di Sant’Engrazia, dove compì gli studi primari e dove fu iniziato dal fratello Giovanni alla vita ascetica. Dieci anni più tardi si recò a Siviglia per perfezionarsi nella più importante scuola spagnola, diretta da sant’Isidoro, alla quale si formavano giovani chierici, monaci e nobili. Divenne anche un intimo amico e collaboratore del santo che aiutò nella stesura della sua opera Etimologías, con il compito di completarla, ordinarla e pubblicarla. Verso il 625 tornò a Saragozza e quando, nel 631, morì il fratello Giovanni, che lo aveva nominato arcidiacono e gli aveva affidato l’amministrazione degli affari ecclesiastici, e lui ne prese il posto, in un momento difficile, segnato da guerre, pestilenze, carestie e altri flagelli. Il santo riuscì a dimostrarsi un valido uomo di governo. A lui cominciarono a rivolgersi preti, abati, vescovi e principi, chiedendogli consiglio e aiuto. Cercò di eliminare l’eresia ariana e di assistere e sostenere il suo popolo.

Era un predicatore preparato, capace di affascinare la folla e di convincere gli interlocutori con la sua sincerità e logica. Prese parte al IV concilio di Toledo, presieduto da Sant’Isidoro, e anche al quinto e al sesto tenuti in città e che concernevano più i problemi dello stato. Ebbe anche il compito di scrivere a papa Onorio una lettera in difesa dei vescovi spagnoli che erano stati accusati di negligenza e Roma rimase impressionata dal suo atteggiamento fiero non meno che dal suo stile elegante. Il santo odiava il lusso, indossava abiti semplici e grezzi, mangiava cibi semplici e conduceva una vita austera ed era molto generoso con i poveri.

Il suo vasto lavoro letterario comprende la Vita di S. Emiliano e una poesia in suo onore, gli Atti dei martiri di Saragozza e una collezione di 44 lettere, dalle quali è emerso un grande affetto per Sant’Isidoro. In esse sono evidenti anche l’apprezzamento per la vita monastica e gli aspetti della sua dottrina spirituale con un approccio cristocentrico: che pone al centro l’amore e l’imitazione di Cristo. Negli ultimi anni della sua vita fu colpito dall’infermità e da problemi di vista.

Morì nel 651. Le sue reliquie furono trasferite nella chiesa del Pilar a Saragozza nel 1275.

Daniela Catalano

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