Rosario Livatino giudice beato

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Di Daniela Catalano

Il 21 settembre 1990, 35 anni fa, sulla statale che collega Agrigento a Caltanissetta un commando mafioso uccide a colpi di lupara Rosario Livatino, il giudice proclamato beato da Papa Francesco il 9 maggio 2021. Nato a Canicattì il 3 ottobre 1952, figlio unico, Rosario Angelo è un bambino mite e molto intelligente con grandi occhi scuri. Terminato il liceo, dove è sempre pronto ad aiutare i compagni in difficoltà, si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza a Palermo e si laurea il 9 luglio 1975. Il 18 luglio 1978, a soli 26 anni, entra in Magistratura. Nel giorno del giuramento scrive su un’agenda: “Che Iddio mi accompagni e mi aiuti a comportarmi nel modo che l’educazione, che i miei genitori mi hanno impartito, esige”. Livatino fre- quenta la parrocchia ed è membro attivo dell’Azione Cattolica. Il 29 settembre 1979 entra alla Procura della Repubblica di Agrigento come Pubblico Ministero. Dopo l’iniziale apprendistato, arrivano le prime inchieste importanti e nell’aula delle udienze chiede che ci sia un crocifisso, come richiamo di carità e rettitudine, mentre sul suo tavolo ha una copia del Vangelo, pieno di annotazioni, come i codici che usa in ufficio. Tutte le mattine, prima di iniziare a lavorare, Rosario si ferma a pregare nella chiesa di San Giuseppe, vicino al Palazzo di Giustizia. Per la profonda conoscenza che ha del fenomeno mafioso, gli vengono affidate delle inchieste molto delicate e questo mette Livatino nel mirino di Cosa Nostra. Prosegue le indagini sen- za paura, affidandosi così in modo totale a Dio (“Sub tutela Dei”) e svolgendo con coraggio il suo dovere. Coniuga sempre le ragioni della giustizia con una profonda fede cristiana perché, come scrive, è convinto che “il magistrato credente può trovare un rapporto con Dio: un rapporto diretto, perché il rendere giustizia è realizzazione di sé, è preghiera, è dedizione di sé a Dio”. Nel 1988, già adulto, decide di ricevere la Cresima e il 29 ottobre, giorno in cui gli è impartito il sacramento, diventa anche il giorno della sua memoria liturgica. Le spoglie del “giudice ragazzino”, trucidato a 37 anni, riposano presso il cimitero di Canicattì, nella tomba di famiglia.

cadarita [at] yahoo.it

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