Libertà di stampa sotto attacco

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Di Ennio Chiodi

Tra le preziose dotazioni che la nostra democrazia ci ha fornito, la libertà di stampa è una delle più importanti, ma anche una delle più fragili e delicate, tanto che, se non ci fosse, sarebbe a rischio la democrazia stessa. Ci accorgiamo dell’irrinunciabile valore di questo patrimonio – tutelato dallo splendido Articolo 21 della Costituzione – proprio quando per qualche ragione viene cancellato o condizionato. Il fragore, sonoro e mediatico, del- l’ordigno fatto esplodere davanti all’abitazione di Sigfrido Ranucci, patron di Report, ha destato da un torpore vicino all’assuefazione. Report è uno dei pochi tentativi di giornalismo di inchiesta che ancora si praticano in Casa Rai. Alcuni dei metodi, degli approcci, delle tecniche televisive utilizzate dal team di Ranucci, appaiono a molti – me compreso – discutibili, ma questo non solleva dal dovere di alzare al massimo il livello di allarme e di attenzione e di condannare senza riserve intimidazioni mafiose di un certo tenore. Non solo. Le rabbiose reazioni di politici di governo e di opposizione, di lobbies e gruppi industriali e la raffica di querele “temerarie” che colpiscono Report, puntano a intimidire, a delegittimare, a isolare. Secondo l’Osservatorio istituito dal Ministero dell’Interno con Ordine dei Giornalisti e Federazione della Stampa, solo nel primo semestre di quest’anno i giornalisti minacciati in contesti socio politici, di criminalità comune e organizzata, sono stati 8. Molti lavorano per testate e in territori lontani dalla luce dei riflettori della ribalta politica e mediatica e sono per questo ancora più a rischio. La “libertà di stampa” presuppone indipendenza, trasparenza, impegno a informare correttamente e con la maggior completezza possibile. Lo dimenticano talvolta gli stessi addetti ai lavori: proprietari, editori e perfino “penne” che non sempre fanno i conti con coscienza e deontologia. Non gio- va alla trasparenza imporre ai bravissimi giornalisti de Il Sole 24 ore un’intervista alla presidente del Consiglio realizzata da una nota collega esterna alla redazione, forse più gradita o considerata “più affidabile”. I cittadini dovrebbero anche sapere che molti giornalisti ospiti fissi dei talk show politici – una sorta di compagnia di giro che frequenta assiduamente i palcoscenici degli studi televisivi – si fanno rappresentare, come fossero attori o cantanti, da manager di agenzie che sta- biliscono presenze, compensi e magari anche la parte in commedia. Quando i canali tv si contavano sulle dite di una mano, Enzo Biagi avvertiva: la televisione, come l’acqua, entra in tutte le case senza essere scelta. Dovrebbe, come l’acqua, essere almeno potabile. Oggi le fonti sono molte di più, ma non tutte sono potabili.

enniochiodi [at] gmail.com

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