L’apice del “devotometro”
Di Arianna Ferrari e Andrea Rovati
LEI
Ripenso ai viaggi, lunghi o brevi, durati un giorno o più. Come già accennato siamo randagi e non programmiamo molto. Siamo nella zona della Sabina. A maggio ci aspetteremmo un meteo favorevole ma così non è. Pazienza… ormai siamo tra l’abituato e il rassegnato. Visitiamo santuari e monasteri francescani ma la mia mente fa un’asso- ciazione forse fuori luogo… sicuramente fuori zona: Greccio e Oropa. Anni diversi e stati d’animo che non saprei definire. Per certi aspetti agli antipodi, per altri simili. In fondo la vita di ognuno è sempre in subbuglio e alla ricerca di un senso. Il meteo invece è costante: pioggia (tanta), freddo pure. Ci piace pensare che per lo sforzo e il sacrificio di vivere il tutto sotto l’acqua battente, il nostro “devotometro” raggiungerà l’apice. Del resto bisogna pur trovare un po’ di significato nella vita. Luoghi lontani tra loro, paradigmi generali e personali diversi. Eppure un fil rouge che tiene raggomitolato le cose. Il desiderio e la voglia di isolarsi un po’ dal mondo (spiritualmente parlando) e al contempo il presente uguale, ma diverso in ogni esperienza. Dio prima di tutto e a Lui ci dedichiamo. Però anche la carne è debole e la fame si fa sentire. Ci rifugiamo infreddoliti e bagnati in questi luoghi pensati per i pellegrini. Una polenta con brasato in un caso, arrosticini e agnello alla scottadito nell’altro. Vino della casa sempre. Ci godiamo i sapori, il tepore e la gioia di essere insieme in un luogo santo che ci dà pace.
arifer.77 [at] libero.it
LUI
Le lunghissime vacanze di quando si andava a scuola sono uno sbiadito ricordo, ora l’estate è il periodo più difficile dell’anno con turni massacranti nell’infuocata Pianura Padana. Quindi una settimana di ferie da spendere nella seconda metà di maggio è un toccasana. Poco sole e tanta pioggia, più autunno che primavera ma tant’è. Si inizia a Roma dove, dopo l’emozione di essere in piazza San Pietro con Leone XIV, incontriamo santa Chiara in un’oasi di pace e di refrigerio. Randagi per natura e allergici alla città (e l’Urbe non fa eccezione, anzi ne è il prototipo), lasciamo la capitale appena possibile e ci dirigiamo verso il cuore verde del Lazio. Bastano poche decine di chilometri per trovarsi tra monti impervi e antichi boschi. Arriviamo a Greccio, poco lontano da Rieti, dove san Francesco ha “inventato” il presepe: torniamo bambini e ci facciamo prendere per mano, da lì in poi il santo di Assisi non ci lascerà più, lo troveremo nei conventi della Valle Santa come in mille chiese. La sua figura è familiare a tutti noi ma ne abbiamo un’immagine un po’ stereotipata e rischiamo di dimenticarne la straordinaria vicenda umana e l’impronta che ha lasciato in tanti luoghi ma soprattutto che lascia ancora oggi in tanti, tantissimi cuori. Sono passati 800 anni ma la sua fecondità è viva e palpabile. Nonostante il progresso ciò che abita nel cuore dell’uomo non cambia e allora come oggi in quei luoghi selvaggi ci si può perdere ma anche ritrovare, come tanti hanno già fatto prima di noi.
andrea.rovati.broni [at] gmail.com