La grazia giubilare dell’indulgenza
Verso il Giubileo. Prosegue il viaggio in vista del 24 dicembre, giorno in cui Papa Francesco aprirà la Porta Santa a Roma. Nell’Anno Santo avrà un “rilievo particolare” l’indulgenza perché esprime “la pienezza del perdono di Dio che non conosce confini”
Nella bolla di indizione del Giubileo del 2025, papa Francesco chiama tutti i cristiani a farsi pellegrini di speranza. Questa è la prima grazia del Giubileo: riaccendere in noi la fiamma viva della speranza. Già nella bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia del 2015, il Papa aveva sottolineato quanto l’indulgenza acquistasse in quel contesto “un rilievo particolare” (Misericordiae vultus, 22), poiché la misericordia di Dio “diventa indulgenza del Padre che, attraverso la Sposa di Cristo, raggiunge il peccatore perdonato e lo libera da ogni residuo della conseguenza del peccato” (ibid.). Analogamente, oggi il Santo Padre dichiara che il dono dell’Indulgenza “permette di scoprire quanto sia illimitata la misericordia di Dio. Non è un caso che nell’antichità il termine «misericordia» fosse interscambiabile con quello di «indulgenza», proprio perché esso intende esprimere la pienezza del perdono di Dio che non conosce confini” (Spes non confundit, 23). L’Indulgenza, dunque, è la piena visibilità della grazia giubilare. San Paolo VI insegnava che “l’indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi in quanto alla colpa, remissione che il fedele, debitamente disposto a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale come ministra di redenzione dispensa e applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi (Indulgentiarum doctrina,1)”. Un aspetto fondamentale va tenuto presente per evitare qualsiasi mercificazione della grazia: ogni peccato, anche veniale, provoca un attaccamento malsano al male, che ha bisogno di essere rimosso; ogni peccato lascia dietro di sé scorie nefaste che oscurano la vita dello Spirito in noi e ci fanno allontanare da Dio, fonte dell’Amore, provocando conseguenze che, a lungo andare, “intossicano” la vita e ci “dispongono al male”. Non si tratta di una punizione o peggio di una vendetta da parte di Dio, bensì sono il frutto dello stesso peccato, che provoca una crosta di ruggine che solo l’esperienza della grazia rimuove, riportando l’uomo al primitivo splendore: “Guai alla città sanguinaria, alla pentola arrugginita, da cui non si stacca la ruggine! Vuotala pezzo per pezzo” (Ez 24,6). La grazia di questo anno giubilare si presenta, quindi, davanti a noi come esperienza gioiosa della misericordia di Dio, che purifica l’uomo dalla “crosta” delle conseguenze del peccato, riportandolo allo splendore originario. Ciò è reso possibile da un intervento supremo della grazia, apportatrice di un perdono pienissimo e totale concesso non per i nostri meriti, ma per il tesoro infinito della grazia di Cristo e dei santi, e reso a noi fruibile attraverso il ministero della Chiesa, suo corpo e sua sposa, bellissima, senza macchia e ruga, splendente di bellezza. Questo tesoro di grazia si è fatto storia in Gesù e nei santi: guardando a questi fulgidi esempi, e vivendo in comunione con loro, si rafforza e diviene certezza la speranza del perdono.