Il caso ex Ilva approda nell’aula del Senato a Roma
Martedì scorso l’intervento del sindaco Muliere: «Inaccettabile chiudere lo stabilimento di Novi»
NOVI LIGURE – Il futuro degli stabilimenti ex Ilva è stato il tema centrale della 9^ Commissione del Senato nell’ambito della discussione del disegno di legge sulla continuità operativa degli stabilimenti dell’ex colosso siderurgico. Dopo un’altra settimana di blocchi, scioperi e cortei dei lavoratori, martedì 9 dicembre in Parlamento è stato esaminato il decreto “Salva Ilva”, il quale prevede che Acciaierie d’Italia possa utilizzare i 108 milioni residui del finanziamento ponte fino a febbraio 2026. Al Senato anche i sindacati Fiom Cgil, Fim Cisl, Ugl, Uilm e Usb, assieme a regioni, comuni e associazioni dell’indotto. Un decreto che ancora non convince i sindacati, poiché “lascia decisamente irrisolta la definizione di una prospettiva di lungo periodo per l’Ex Ilva”, come sottolineato dai segretari Uil e Uilm nel corso dell’audizione. A Roma, anche il sindaco di Novi Ligure, Rocchino Muliere (nella foto) che ha esposto la situazione dello stabilimento novese, il quale conta 554 dipendenti – di cui 384 in produzione e 170 in CIG – e rischia ulteriori 200 esuberi nell’indotto, a cui si aggiungono i 120 operai che si sono già dimessi negli ultimi due anni. Muliere ha inoltre sottolineato come il futuro dello stabilimento sia legato a quello dell’intera prospettiva industriale e occupazionale del territorio. Il sindaco ha poi ribadito la necessità di mantenere unito il gruppo siderurgico in vista di una possibile acquisizione, senza però e- scludere la necessità di una misura temporanea e straordinaria. Muliere ha infatti suggerito l’acquisto diretto di coils o bramme da fornitori esterni, al fine di assicurare la continuità produttiva e preservare sia le competenze interne che i clienti storici del sito novese che, viste le sue potenzialità, potrebbe raddoppiare l’attuale produzione annuale, passando da 300.000 a 600.000 tonnellate. Il vicepresidente e assessore al Lavoro della Regione Piemonte, Elena Chiorino, ha accolto con fa- vore la volontà del governo di riportare la produzione complessiva a 4 milioni di tonnellate, un livello che consentirebbe agli stabilimenti piemontesi di operare in piena continuità e alle famiglie “di guardare con un po’ più di serenità al futuro”. Ciò nonostante, Chiorino, ha ribadito la necessità di un «piano solido, credibile nel tempo, pienamente orientato alla ripartenza, che sarà possibile se si supera definitivamente l’ammini- strazione straordinaria per poter tornare a una gestione ordinaria». Del tutto insoddisfatti, invece, i sindacati, che hanno ribadito come i 108 milioni non bastano a garantire la continuità industriale degli stabilimenti e non servano per una ripartenza effettiva dell’ex Ilva. «Le lavoratrici e i lavoratori continuano la mobilitazione – ha affermato il coordinatore siderurgia Fiom Cgil nazionale Loris Scarpa, in audizione – con un obiettivo preciso, quello di far ritirare il piano di chiusura presentato e per riaprire una discussione a Palazzo Chigi affinché si possa tornare a parlare del piano originario che era stato presentato a luglio scorso».
Federica Riccardi

